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Recensione
9 dicembre 2014, 12:00

Persona Q: Shadow of the Labyrinth – Il crossover che non ti aspetti

La serie ruolistica conosciuta come Megami Tensei (successivamente, Shin Megami Tensei) in terra nipponica ha un importante passato, che affonda le proprie radici al limitare degli anni ’80, quando i diritti di una serie di romanzi horror, firmati da un certo Aya Nishitani, vennero acquisiti da Namco (che c’aveva visto lungo), interessata a trasporre il particolare setting e la peculiare trama dei romanzi in opere digitali per l’allora console di punta. Il successo e la popolarità arrivarono in men che non si dica. Da quel lontano 1987 il mondo di Megami Tensei, grazie anche all’acquisizione da parte di Atlus, si espanse a dismisura, assistendo all’uscita non solo di molti episodi relativi alla “timeline” principale, ma anche a diverse serie parallele, relativi spin off e curiosi esperimenti, tutti di enorme successo. Non solo. Come spesso accade per la maggior parte delle produzioni made in Japan, anche l’universo narrativo di Megami Tensei (e chiaramente dei relativi spin off) conobbe ben presto una fortissima espansione non solo saltando da un hardware all’altro, ma portando vicende, personaggi e setting anche su altri media, soprattutto manga, merchandise vario ed anime dedicati. Il mercato statunitense, come al solito, fu il primo ad accorgersi del successo e delle enormi potenzialità di quell’universo ottimamente approfondito da Atlus; noi poveri giocatori europei dunque non possiamo far altro che ringraziare proprio il filtro del mercato americano se ora possiamo goderci, e nel nostro caso parlarvi, dei prodotti legati al mondo di Megami Tensei.

Poc’anzi abbiamo accennato al fatto che l’espansione trasversale dell’universo demoniaco curato da Atlus ha generato anche diversi spin off e sotto-spin off in pieno stile “Inception”. Uno di questi, forse per noi il più conosciuto, è senza dubbio Persona; serie che presenta alcune decise varianti rispetto alla formula originale, ma soprattutto, alcune particolarità in merito al diverso “rapporto” che è possibile instaurare con le presenze demoniache o sovrannaturali all’interno di questa serie che, nel corso del tempo, è andata sempre più emancipandosi dall’illustre parente, sino a guadagnare la più completa indipendenza in attesa del quinto, favoleggiato, capitolo previsto in Giappone per PS3 e PS4 nel corso del prossimo anno. Era ora che i poveri protagonisti di Persona 3 e Persona 4 si potessero godere un po’ di meritato riposo dopo oltre otto anni di continue peripezie ed incursioni nei più disparati generi videoludici. Per i nostri carismatici “Persona user”, ancora provati dalle fatiche di Persona 4 Arena Ultimax, non è ancora tempo di riposare. Devono infatti unire le forze un’ultima volta in quello che si è rivelato non solo un ottimo episodio per la stereoscopia made in Nintendo, ma anche uno spettacolare crossover che non mancherà di far felici i fan della saga e coloro che hanno sempre amato i JRPG old style, belli e dannatamente impegnativi.

 

 BENVENUTI NELLA YASOGAMI HIGH!

Persona Q: Shadow of the Labyrinth non è semplicemente un crossover tra i personaggi dei due episodi più conosciuti (e commercialmente sfruttati) ambientati, lo ricordiamo, in anni e luoghi completamente differenti. L’ultima fatica di Atlus estrapola infatti i due gruppi di ragazzi dal loro rispettivo background e li cala in una nuova e diversa intercapedine spazio-temporale, comune questa volta a tutti loro. Non solo. L’ossatura JRPG che dovrebbe sostenere l’intreccio narrativo e le gesta dei protagonisti presenta delle peculiarità prese di peso da un’altra famosa saga made in Atlus ed adattate al meglio per questo nuovo contesto. Procediamo quindi con ordine, perché di carne al fuoco ce n’è davvero tanta e nulla merita d’esser tralasciato. Il rinnovato intreccio narrativo, slegato da quanto visto in questi anni, permette anche a chi non ha mai giocato a Persona 3 e Persona 4 di entrare subito nel mood dei personaggi, affezionandosi immediatamente a tutti loro anche se è pur sempre presente quella vena di fanservice che non permette di capire o cogliere determinate sfumature relative ad alcuni rapporti interpersonali oppure a riferimenti a vicende passate avvenute nel Tartarus (per i protagonisti del terzo episodio), o nella Yasogami High (per i protagonisti del quarto). Ad ogni modo, dopo aver selezionato la timeline narrativa preferita – abbastanza diversa per i due gruppi – ci ritroviamo immediatamente a fare i conti con il primo mistero della nostra avventura. Il cupo rintocco di una campana che sembra provenire da un luogo perso nel tempo è foriero di cattivi presagi. La Velvet Room, la “stanza” sospesa tra sogno e realtà, ci trasporta inaspettatamente in un luogo all’apparenza normale: una scuola in cui è in pieno svolgimento un festival culturale, dove tutti si stanno divertendo e sembrano non far caso all’arrivo di gente nuova. La scuola in questione è proprio la Yasogami High e nel cortile incombe pesante la sagoma della torre probabile responsabile del nostro arrivo nella scuola. L’unico modo per lasciare quel luogo e tornare nel mondo reale è scoprire il motivo per cui la Velvet Room ci ha portato sino a lì e tentare di portarlo a termine. Non vi sveliamo oltre, per non rovinarvi le sorprese che la trama articolata vi getterà lungo il cammino e, ovviamente, per farvi godere il titolo in tutto il suo splendore.

PERSONA INCONTRA ETRIAN ODYSSEY

Come abbiamo accennato presentando per sommi capi le vicende che costituiscono il substrato narrativo, Persona Q: Shadow of the Labyrinth attinge pienamente, complice anche la direzione artistica di un veterano come Daisuke Kaneda (peraltro già responsabile di molti progetti legati a Megami Tensei), recentemente artefice di quella piccola, grande, perla videoludica sempre esclusiva per la console Nintendo e che noi conosciamo come Etrian Odyssey IV: Legend of the Titan il cui merito è stato indubbiamente quello di aver fatto riscoprire all’Occidente un genere misconosciuto come quello dei dungeon crawler fantasy in prima persona. Ebbene, proprio da qui possiamo partire per descrivere Persona Q. Il titolo del paragrafo infatti non è assolutamente peregrino. Le meccaniche di gioco ed il concept generale visti ed amati nell’ultimo episodio di Etrian Odyssey vengono qui trasposte pari pari, per una peculiare commistione che riesce ad andare oltre ogni più rosea aspettativa. La gestione del party, l’esplorazione di enormi e labirintici dungeon, la risoluzione di puzzle ed enigmi, una buona percentuale di backtracking e molto, molto, grinding sono tutti elementi che, oltre ad esser presenti in grande quantità, emergono in tutta la loro importanza sin dalle prime battute di gioco. Per rendere la spiegazione quanto più elementare possibile, potremo suddividere il gameplay di Persona Q in due sezioni: la sezione prettamente “gestionale” e quella relativa all’esplorazione e al combattimento, vero fulcro dell’intera esperienza.

La parte gestionale, accessoria ma forse più importante rispetto alla seconda a cui si lega intimamente, ci porta a spendere ore ed ore nel tentativo di trovare il giusto equilibrio tra i vari membri del party (composto sempre da cinque combattenti) navigando tra i menu e le statistiche di ognuno, imparando le loro debolezze e i loro punti di forza. Una volta formato il gruppo che ritenete il migliore per affrontare un determinato dungeon, potete recarvi a fare shopping ed acquistare equipaggiamento sempre più potente, in modo da equipaggiare al meglio ogni singolo personaggio. L’equipaggiamento e gli oggetti in questione si renderanno disponibili non appena sarete riusciti a recuperare determinati materiali all’interno dei dungeon e li avrete consegnati nell’armeria, grazie ad una sorta di “crafting” automatico. Persona Q: Shadow of the Labyrinth però non è un gioco di ruolo come gli altri. Ogni membro del party è un “Persona user”, ovvero un individuo dotato della capacità di richiamare in battaglia il proprio Persona, appunto, ossia una materializzazione demonizzata della propria personalità. Nella Velvet Room si possono gestire proprio i Persona (o Sub-Persona, dato che ogni personaggio ne può portare sino a due contemporaneamente) da portare con sé. Questi potranno essere guadagnati anche sconfiggendo determinati nemici, in modo da avere sempre a portata di mano un buon numero di Persona tra cui scegliere. Una interessante aggiunta, che va ad ampliare la varietà di stili e skill differenti, permette anche la fusione tra due Persona, in modo da crearne uno di livello maggiore e dalle abilità più potenti. Tutto questo è ovviamente preordinato all’unico obiettivo possibile; ossia uscire sani e salvi dai pericolosi dungeon studiati in modo sadico dal genio degli sviluppatori.

PERSONA NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

Eccoci giunti al cuore pulsante del titolo, ossia l’esplorazione dei dungeon tridimensionali che, chiaramente, costituiscono il passaggio obbligato per poter scoprire le cause del cortocircuito spazio-temporale e riuscire a far tornare i due gruppi nelle loro rispettive epoche. Le influenze di Etrian Odyssey si fanno palesi non appena mettiamo piede nel primo dungeon, inspirato alla fiaba di Alice nel Paese delle Meraviglie. I dungeon non sono altro che enormi labirinti che si sviluppano su diversi livelli tutti da esplorare imprescindibilmente attraverso la visuale in prima persona. Avanzando di casella in casella è possibile girare lo sguardo alla ricerca di trappole, oggetti, power spot, indizi e puzzle che possono tornare utili nel prosieguo dell’esplorazione. Questo però non basta per rendere l’idea dell’esplorazione così come è stata intesa dal team di sviluppo. Una delle caratteristiche più belle di Etrian era il mapmaking, ossia la possibilità di disegnare, sul touch screen inferiore della console, la mappa del dungeon in questione; prendendo appunti ed annotando in ogni minimo particolare i luoghi di interesse attraverso tool ben forniti di icone, colori e stili grafici. Ebbene, tutto questo è presente anche in Persona Q e vi farà spendere un sacco di tempo nel tentativo di segnare ogni particolare che potrebbe salvarvi da una prematura morte.

Come ogni buon JRPG che si rispetti, gli scontri avvengono in modo del tutto casuale ad eccezione dei FOE (Fysis Oikein Eidolon), altra caratteristica mutuata da Etrian, i quali non sono altro che enormi boss di alto livello, visibili ed almeno nelle prime fasi da evitare con grande cura. Il grinding è infatti una componente incredibilmente importante nell’economia di gioco, in quanto anche ai livelli più infimi esso è in grado di offrire delle sfide impegnative con nemici ben al di sopra delle nostre capacità. Gli scontri avvengono anch’essi in prima persona e sono, come vuole la tradizione, a turni. Ad ogni combattente compete una rosa di azioni che spaziano dall’attacco fisico all’utilizzo di oggetti, all’utilizzo delle skill dei propri persona sino al sempre provvidenziale “escape”. Non si contano infatti le volte che, per troppa spavalderia, abbiamo causato il misero wipe dell’intero party, mandando a monte anche un paio d’ore di esplorazione e leveling, perdendo di conseguenza ogni progresso fatto sino ad allora. Sì, perché una volta all’interno dei labirinti non è possibile salvare. Quindi avrete intuito che la cosa migliore (e quella più sicura) è quella di far la spola con l’esterno, per salvare, curarsi, equipaggiarsi a dovere e solo a cose fatte rientrare. Il combat system, adagiato su quanto già proposto con Etrian Odyssey, presenta comunque degli innesti tipici della serie Persona. Ad esempio, se un membro del party manda a segno un attacco elementale corrispondente alla debolezza di un nemico, lo stesso personaggio acquisisce lo status “boost” che permette di utilizzare un nuovo attacco speciale a costo zero. Inoltre, il leader del gruppo (ossia il nostro personaggio principale) può chiedere, quando l’apposita barra sarà carica, un supporto esterno al personaggio rimasto fuori tramite la cosiddetta Leader Skill, la quale in base alle abilità del Persona di quest’ultimo, può variare dal teletrasporto immediato all’inizio del livello, oppure alla cura dell’intero gruppo e così via. Una buona strategia, unita allo studio del campo di battaglia, fa di Persona Q in definitiva un titolo dalla profonda anima tattico-strategica che in molti ameranno.

QUALCOSA IN PIù…?

Dobbiamo dar conto della contrapposizione tra la cura certosina che caratterizza l’intera struttura di gioco e una realizzazione tecnico-stilistica leggermente sottotono. Iniziamo però dagli innumerevoli pregi del titolo, a partire dal level design dei labirintici dungeon e dalla buona caratterizzazione dei nemici e dei protagonisti. Sotto questo punto di vista non possiamo che dar atto agli sviluppatori di aver messo in campo un level design davvero d’eccezione. I labirinti sono intricati, complessi e ottimamente caratterizzati, cosi come lo sono gli sprite “chibi style” dei protagonisti che creano un deciso e coccoloso stacco con le atmosfere dark che pervadono il titolo. Un plauso va anche alla pletora di opzioni messe a disposizione del giocatore per disegnare e personalizzare la mappa di gioco, grazie anche ad opzioni ed icone automatiche che semplificano la vita a chi non è avvezzo a tali meccaniche. Nonostante i molti pregi, il titolo presta il fianco ad alcune necessarie critiche (fortunatamente marginali) legate soprattutto alle carenze sul fronte tecnico. L’utilizzo dell’engine grafico infatti – soprattutto quando si decide di attivare l’effetto 3D e durante le sezioni prettamente “visual novel” – tradisce una realizzazione generale abbastanza sottotono, con modelli poligonali abbastanza poveri e dalle texture grossolane. Il comparto audio invece è ben realizzato, complice un ottimo doppiaggio ed una soundtrack che presenta arrangiamenti provenienti dai due capitoli principali ed alcune melodie che non avevamo mai udito prima.

QUALCHE CONSIGLIO PER SOPRAVVIVERE!

Persona Q: Shadow of the Labyrinth può essere un titolo davvero punitivo, anche a livelli di difficoltà umani; per questo ci è balzata l’idea di fornire qualche veloce consiglio ai naviganti che desiderano cimentarsi nell’impresa con questa piccola postilla che speriamo possa risultare utile ai più.

CONOSCI IL TUO PARTY: il gruppo si compone di cinque membri, tre che andranno a comporre la prima linea, quella d’attacco, e due in seconda linea, quella storicamente deputata a ricevere meno danni. Sin dalle prime battute di gioco non abbiate paura di variare e sperimentare la formazione migliore scegliendo e provando ogni personaggio ed ogni posizione. I personaggi di riserva infatti non aumentano di livello e se permettete che si crei un’importante disparità di livello tra i vari membri dovrete viaggiare di grinding per ore ed ore prima di livellare quelli lasciati indietro.

STUDIATE: la tattica, negli scontri, è tutto. Studiate gli avversari; soprattutto le loro debolezze, in modo da poter avere sempre il “boost” in canna ed attaccare senza spendere i preziosi (e sempre scarsi) punti SP.

NON ABBIATE PAURA DI DISEGNARE: la mappa è la vostra migliore amica. Non dimenticatevi della sua esistenza, ma soprattutto non abbiate paura di disegnare, di segnare ogni minimo particolare degno di interesse, ogni indizio, ogni passaggio segreto che può risparmiarvi un lungo backtracking ed il concreto rischio di imbattervi in scontri da cui non potrete uscire vincitori.

I CONSUMABILI SONO IMPORTANTI: non addentratevi in un dungeon senza prima aver rimpolpato l’inventario di oggetti consumabili come le medicine e, soprattutto, gli indispensabili Goho-Ms, oggetti che vi possono trasportare istantaneamente fuori dal dungeon.

UN SOLDINO RISPARMIATO E’ UN SOLDINO GUADAGNATO: ogni volta che sbloccherete nuovo equipaggiamento grazie ai materiali raccolti nei dungeon e nei power spot (che, per la cronaca, si ricaricano ogni volta che entrerete nel livello) non accorrete all’armeria a far man bassa. I soldi guadagnati sono preziosi e necessari per le cure e per acquistare i consumabili del punto precedente. Inoltre non sempre l’equipaggiamento vale la spesa. Un soldino risparmiato è un soldino guadagnato, soprattutto in previsione di pezzi – molto costosi – dalle caratteristiche ben più importanti. Attenzione dunque a scialacquare con noncuranza, vi troverete molto presto in difficoltà.

CURATE IL VOSTRO PERSONA: sembra strano, ma uno degli errori commessi è proprio quello di equipaggiare un Persona (e un sub-Persona) e limitarsi ad utilizzare gli stessi. Male, perché i Persona non utilizzati, proprio come i personaggi, non aumentano di livello ed inoltre non tutti  possiedono abilità utili a sconfiggere velocemente determinate tipologie di avversari. La fusione poi è altrettanto importante, quindi non abbiate paura di sperimentare. Soprattutto, abbiate cura della Persona dei personaggi di supporto, ossia coloro che vi aiutano dall’esterno tramite le Leader Skill. Infatti, la Leader Skill sarà basata sulle abilità dei loro Persona.

Speriamo che questi pochi “quick tip” possano aiutarvi nella vostra missione.

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IN CONCLUSIONE
Persona Q: Shadow of the Labirynth è stata una vera sorpresa. Lo scetticismo legato a quello che dall’esterno poteva apparire come un’operazione volta al brand milking, si è dissipato immediatamente lasciando spazio allo stupore per una commistione di genere e stile davvero ben riuscita. Atlus ha osato, calando i personaggi, provenienti dai due Persona più amati, in un contesto che sino ad allora era stato appannaggio solo del dungeon crawler fantasy Etrian Odyssey. Al contrario di quest’ultimo però, i protagonisti di Persona hanno “un’anima”, parlano, sono protagonisti di siparietti, battute e dialoghi divertenti tipici della serie e basati sullo stile tutto nipponico della “visual novel”. Alla struggente profondità del gameplay fa da contraltare una realizzazione tecnica abbastanza sottotono, purtroppo non rispecchiante l’elevato livello qualitativo del titolo. Consigliato non solo a tutti i fan della serie, i quali chiaramente afferreranno anche tutte le citazioni e i riferimenti “fan service style”, ma anche a chiunque abbia voglia di cimentarsi con un JRPG vecchio stile particolare, molto difficile, ma che riuscirà a regalare ore ed ore di emozioni positive e all’occorrenza negative.
Pro-1
Impegnativo, profondo e difficile
8.5
Contro-1
Realizzazione tecnica sottotono
Pro-2
Splendido level design
Contro-2
Non tutti possono apprezzare la formula proposta, alla luce della difficoltà
Pro-3
Commistione di generi e stile riuscita
Persona incontra Etrian Odyssey
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