D4: Dark Dreams Don’t Die
Siamo ufficialmente entrati nel vivo della nuova generazione, eppure per qualche strano motivo non tutti sembriamo esserne convinti. Forse perché non abbiamo assistito al passaggio di risoluzione, dal PAL all’alta definizione, l’elemento più determinante per il successo della ormai passata generazione, ma neanche ad una presentazione d’impatto sulle caratteristiche e le potenzialità della nuova schiera di videogiochi, concentrata invece sull’esaltazione dei due sistemi operativi, PS4 ed Xbox One, come fossero degli elettrodomestici dalle molteplici funzioni rappresentanti l’unica finalità del loro acquisto.
Tutti possiamo adesso registrare e condividere le nostre sessioni in-game, comunicare con svariate periferiche e rivolgere letteralmente la parola alle nostre console. Ma le novità per i giochi dove sono? Ci sono? Beh, del resto neanche la scorsa generazione aveva promesso tanto in questi termini ad inizio carriera, ma poteva comunque contare su uno sfoggio visivo e computazionale che tecnicamente non passava inosservato. Perché dunque non tentare di sfruttare in maniera fruttuosa l’apparecchiatura che le nuove tecnologie ci offrono, perché non fare del nuovo Kinect 2.0 un mezzo utile anche per i giocatori hardcore piuttosto che ad un pubblico casual?
Usiamolo questo kinect…È a questo proposito che vi presentiamo D4, un thriller soprannaturale dalle premesse indiscutibilmente bizzarre ma che sembra aver affrontato la questione sopra proposta con il giusto spirito. Sviluppato da Acces Games, il cui responsabile è l’amato/odiato Hidetaka “Swery65″ Suehiro , D4, acronimo di Dark Dreams Don’t Die, propone un utilizzo intelligente di Kinect 2.0, lungi dallo scopo di far sgranchire le ossa alla nonna o di far saltare le scarpe dai piedi dei bambini sugli oggetti più preziosi in camera. Si giocherà infatti perennemente seduti, grazie alla rinnovata tecnologia della periferica che ora riesce meglio a rilevare ed interpretare i movimenti del corpo, anche da seduti appunto, e la voce umana, comprendendone parole e tono.
I gesti che saremo chiamati a compiere corrisponderanno a quelli di David Young, detective dai lunghi capelli, la barba incolta e dotato di poteri paranormali, in memoria del buon York nel controverso Deadly Premonition, nota opera dello stesso Swery, seppur si tratti di due personaggi dall’aspetto e dall’atteggiamento completamente differenti. Il suo compito sarà quello di indagare sulla morte della moglie, avvenuta due anni prima l’incipit di questo racconto, in seguito al quale evento, David acquista il potere di viaggiare nel tempo tramite i “Memento”, speciali oggetti che al sol tocco lo riportano in un luogo ed un tempo antecedenti la tragedia. Oltre a ciò, riceve anche un primo indizio che lo condurrà a scoprire il carnefice e le circostanze del delitto consumatosi: quella lettera “D” che dà il nome al titolo e che tanto ossessionerà il nostro protagonista. Nonostante la trama possa far presagire dei risvolti tragico-sentimentali, abbiamo presto tutti capito come Swery non sia proprio in grado di prendersi troppo sul serio, promettendo per tutto lo scorrere dell’avventura momenti di improbabile delirio gratuito e pacchianeria alla giapponese. Giapponese sì, come anche lo stesso potente stile grafico in cel shading presente in quelle follie di Suda51 che sono Killer is Dead e No More Heroes, titoli ai quali davvero poco importa dell’effettiva mole grafica in termini computazionali.
L’idea di fondo del gameplay da agganciare a questo tipo di esperienza è appunto quella di un’avventura grafica da giocare interamente con Kinect, nella quale parlare (a volte addirittura urlare) alla console che ci permetterà di scegliere opzioni di dialogo, oppure interagire con elementi dello scenario e con altri personaggi durante i Quick Time Event che consisteranno nel replicare i comandi a schermo muovendo le nostre braccia, in modo che David faccia lo stesso. Ci toccherà ad esempio premere le nostre dita sulle tempie per far uso di un secondo potere: la “Visione”, il quale ci permette di capire quali elementi dello scenario sono utili o meno ai fini di una indagine, ma solo fino all’esaurimento dell’omonima barra.
Sì, perché “sfogliare” (come si fa con le pagine di un libro) i vari scorci ed angoli accessibili tramite i tuffi nel passato, e dunque interagire con gli oggetti lì disposti, costerà “Stamina”, costringendoci a ponderare sugli elementi da afferrare. Alcune ultime parole vanno spese sulla scelta di Microsoft e Swery di proporre una distribuzione episodica, come già osservata in molti giochi (vedi Telltale), che seppur possa essere apprezzata come nuovo metodo distributivo in ambito videoludico rappresenta anche una deriva del medium, sempre più imprescindibilmente, legato alle crude ed insipide tattiche commerciali.

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