Darkout – Recensione
Mentre Notch lavorava alla prima release di Minecraft ricevette una chiamata da Valve interessata alle sue capacità di programmatore; Notch, come potrete immaginare, rifiutò l’incarico e produsse quello che per molti aspetti è il gioco più rivoluzionario di tutta la generazione appena vissuta: Minecraft. Il titolo Mojang ha avuto un impatto pazzesco sul mercato, introducendo caratteristiche fino poco prima mai utilizzate e creando un nuovo filone videoludico. Pensiamo un attimo come sarebbe diverso oggi il panorama dei videogames se Notch avesse risposto positivamente a quella telefonata, oltre ai milioni che non avrebbe mai guadagnato probabilmente oggi non esisterebbe Darkout, titolo sviluppato dai ragazzi di Allgraf, team indipendente desideroso di accaparrarsi una fetta del mercato dei giochi sandbox. Senza tanti indugi vediamo insieme com’è andata e se Darkout è in grado di reggere il confronto con i giganti del settore come Terraria ed il famosissimo Minecraft.
Partiamo dall’inizio, il titolo Allgraf è un sandbox sidescrolling bidimensionale; tramite un breve filmato scopriremo di aver eseguito un atterraggio di emergenza su un pianeta estremamente selvaggio, starà a noi trovare il modo migliore per sopravvivere. Riuscire a mantenersi in salute sarà una impresa tutt’altro che semplice, il mondo di Darkout è violento e pericoloso, ma fortunatamente non privo di risorse da utilizzare per costruire un variegato tipo di armi e di strutture. Le prime partite con Darkout potrebbero rivelarsi tra le più frustranti della vostra carriera da videogiocatore, il tutorial testuale proposto è scarno e decisamente incompleto, tanto che molto probabilmente una volta terminato non saprete neanche come compiere le azioni basilari. Non stiamo parlando di quella frustrazione in stile Dark Souls che, dopo essere stati schiacciati come mosche, avrete voglia riprovare e riprovare ancora una volta; nella prima ora di Darkout vi troverete a urlare insulti e a chiedervi chi ve l’ha fatto fare. Dopo non pochi tentativi siamo riusciti finalmente a costruire il rifugio e da qui in avanti ci vuole un po’ di tempo prima che le cose inizino a migliorare. Darkout è un gioco complicato, con decine di opzioni e nessuna indicazione in merito. Non ci siamo dimenticati le nostre prime partite a Minecraft o Terraria, due giochi altrettanto carenti di indicazioni, la differenza sta nel tempo di apprendimento. Nel tempo che impieghereste nel titolo Mojang a capire come costruire casa, armi rudimentali e un banco di lavoro, in Darkout se va bene capirete come costruire una baracca, che tutte le risorse vanno raffinate e sarete stati uccisi una decina di volte da qualche bestia aliena. Fortunatamente la morte non porta al Game Over, o a penalità, verrete semplicemente riportati al vostri rifugio o alla nave se ancora non siete riusciti a costruire un riparo. Passando il mouse su una risorsa il puntatore dovrebbe cambiare per evidenziarvela e scegliere in automatico l’oggetto necessario per la raccolta, questo il più delle volte avviene in ritardo, solo dopo qualche istante capirete che non è un errore vostro ma e che i comandi rispondono abbastanza male. Oltre alla irrazionale difficoltà iniziale uno dei problemi principali di Darkout è un’interfaccia assolutamente scomoda, mal progettata e non customizzabile.
Un giocatore poco paziente dopo la prima ora di gioco potrebbe essere intenzionato a disinstallare il gioco e dimenticarsi della sua esistenza, per certi versi sarebbe un peccato. Dopo un imprecisato numero di morti si iniziano ad apprendere i rudimenti del gioco e le cose si fanno un po’ più semplici. Come ogni sandbox uno dei perni principali è la raccolta di risorse e la creazione di nuove armi, qui Darkout dà il meglio di sé mostrando una capacità di mescolare il crafting con l’aspetto survivor del gioco. Per costruire un nuovo attrezzo non basterà ottenere tutti i materiali necessari, dovremo anche spenderci il giusto numero di punti ricerca. Una volta sviluppato un nuovo strumento lo potremo produrre attraverso i classici banchi da lavoro, alcune volte vi sarà anche richiesto un generatore per alimentare le vostre tecnologie. Anche in questo caso sorge qualche problema, mancano le indicazioni su cosa stiamo sviluppando o cosa potremmo ottenere proseguendo per una determinata via, il sistema di crafting è sostanzialmente vario ma la volontà di negare ogni indicazione impedisce una progettazione a medio-lungo termine delle nostre azioni. Il sistema di combattimento proposto prende ispirazione da Alan Wake, similmente al titolo Remedy nel buio totale saremo poco più di uno spuntino per alieni, illuminando i nemici si abbasseranno le loro difese ed avremo qualche possibilità di abbatterli.
Graficamente Allgraf ha optato per uno stile più realistico rispetto a Terraria e secondo noi ha fatto bene; i modelli disponibili per il protagonista e le varie creature sono stati realizzati discretamente bene, i giochi di luce creano la giusta atmosfera di pericolo che il gioco vorrebbe trasmettere. Grazie ad un piccolo espediente narrativo gli sviluppatori hanno eliminato il ciclo giorno/notte, in Darkout il buio domina la scena e, non sappiamo quanto volutamente, il prodotto prende ispirazione da Avatar di James Cameron: la superficie del pianeta ricorda inevitabilmente Pandora, cosa che ci ha agevolato l’immersione nel gioco. La longevità è potenzialmente infinita, ad ogni partita potete creare un mondo totalmente nuovo e sviluppare una nuova tecnologia, bisognerà vedere quanta voglia avrete di farlo.
Buona atmosfera |
6 | Tuturial inesistente |
Sistema di crafting interessante | I comandi non rispondono bene | |
Richiede troppe ore per ingranare | ||
| LA LUCE È ANCORA LONTANA | ||
