Daylight – Recensione
Horror di qua, horror di là, horror everywhere. Guardando agli ultimi diciotto mesi non è così difficile individuare almeno una decina di giochi del genere rilasciati, perlopiù di stampo indipendente, che hanno provato – o semplicemente cavalcato l’onda del successo – a proporre qualcosa di nuovo. D’altronde, da un team quale Zombie Studios un indirizzo del genere per la loro recente produzione poteva anche starci, peccato che il risultato globale lasci molto a desiderare, allineandosi alla qualità degli altri lavori portati a termine da questo sviluppatore. Perfino il titolo scelto per il gioco non brilla per originalità: Daylight. Come la canzone dei Coldplay e dei Maroon 5, o il film di Rob Cohen interpretato da Stallone, o l’album di Aesop Rock. Entriamo nel dettaglio, anche se sarà davvero poco piacevole…
MAMMA, MI SONO CAG… ADDORMENTATO, PARDONPartenza scontata: soli, in un ospedale abbandonato, senza memoria. Nei panni di Sarah, senza armi a disposizione ma soltanto con un smartphone e dei bengala, il nostro compito è quello di scappare, fuggire via da quel posto per iniziare a ricomporre la nostra storia. Un inizio che più scontato non si può, ma non rappresenta un male incurabile considerando che nelle fasi di gioco è ben evidente il senso di impotenza della protagonista, aspetto che ci ha fatto ben sperare. Purtroppo, causa uno sviluppo degli eventi decisamente prevedibile, Daylight mostra grosse lacune fin dagli istanti iniziali: una narrazione frettolosa ed approssimativa, anche perché affidata perlopiù a documenti scritti da cercare nelle location in cui saremo immersi, non consentono al titolo di Atlus e Zombie Studios di salire d’intensità col passare delle ore di gioco; comunque poche, dato che in circa due ore lo porterete a termine senza problemi di sorta. Superati più o meno indenni i primi e ben inseriti “jump scares”, Daylight smetterà anche di far paura, rivelandosi prevedibile, banale, scontato. Un grosso peccato considerando che l’idea di dotare la protagonista di oggetti così comuni, o comunque non letali, come uno smartphone grazie al quale osservare meglio il percorso di gioco intrapreso, delle barrette fluorescenti per rivelare punti di interesse e bengala per difendersi dalle minacce di strane presenze, avrebbe potuto garantire fasi gameplay certamente più intriganti e stimolanti per il genere, invece tutto si è concluso con un nulla di fatto che lascia piuttosto spiazzati, nonostante un prezzo di lancio di poco superiore ai dieci euro.
Una delle particolarità di Daylight, oltre all’uso dell’Unreal Engine 4 di cui parleremo più avanti, è quella di comporsi di location con generazione procedurale – riportando le parole dello sviluppatore – in modo da rendere le fasi di gioco più coinvolgenti e mai uguali le une alle altre. Peccato che questa generazione sempre diversa dei livelli finisca per dimostrare ben presto il grosso inganno che si cela al suo interno: le fasi di esplorazione risentono effettivamente di questa feature, ma i livelli non cambiano mai del tutto, piuttosto vi troverete a fare i conti con la diversa disposizione di qualche stanza, mentre inizierà salire la noia per lo scialbo gameplay e level design con cui avrete a che fare, nemmeno paragonabile a quelli di titoli come Outlast ed ancor meno al primo capitolo di Amnesia. Non è poi così interessante essere costretti ad andare alla ricerca di quattro ricordi, in ogni livello, in modo tale da sbloccare l’accesso alla location successiva. Almeno, non si è costretti a procedere allo stesso modo troppo a lungo, considerando la longevità davvero risibile di Daylight e la rigiocabilità pressoché inesistente. Il peccato più grave è che l’atmosfera iniziale vada via via perdendo di forza e costanza, nonostante un impianto audio che faccia di tutto (o quasi) per tenerla a galla.
SOGNO DI NEXT-GENC’è poco da stupirsi se le potenzialità delle console next gen, di gran lunga superiori a quelle della passata generazione di console ma decisamente indietro rispetto a componenti hardware che già da qualche anno troviamo su PC, siano ancora poco sfruttate. Line-up ristrette, lanci frettolosi e una gran quantità di titoli cross-gen multi-piattaforma. Daylight da questo punto di vista si annunciò diverso, voleva stupire in entrambe le versioni grazie all’utilizzo dell’Unreal Engine 4. La volontà di raggiungere tale scopo, ahinoi, s’è però infranta contro l’evidente realtà dei fatti, che ha visto gli sviluppatori di Zombie Studios inciampare più e più volte in ambito ottimizzazione, provocando in più d’una circostanza cali di frame anche su computer performanti, problema non da poco considerando che saremo immersi spesso e volentieri in piccoli ambienti poveri di particolari e di triste realizzazione, che riescono a farsi apprezzare soltanto quando sono gli effetti di luce ad entrare in gioco, tra il buio e l’oscurità che dominano gran parte della nostra breve avventura. Niente di nuovo quindi, e peculiarità del nuovo engine nemmeno in parte sfruttate, che hanno portato più che altro ad un appesantimento generale di tutta l’applicazione. Piccola nota: il gioco in versione PC è compatibile solo ed esclusivamente con schede video DirectX 11.
Dove il titolo riesce a dir la sua in maniera egregia è in ambito sonoro, con un doppiaggio in inglese (presenti i sottotitoli in italiano) ottimo e tutto un campionario di effetti, scricchiolii, strane voci ed urla, che tentano di sopperire alle gravi mancanze dell’intera produzione, a volte riuscendoci (nelle fasi iniziali) e a volte no. Complessivamente, si parla comunque di un titolo a dir poco pessimo, non consigliato se non in fortissimo sconto, che più che essere considerato esponente del genere horror andrebbe inserito nella lista dei rimedi utili per chi soffre di insonnia.
Comparto sonoro |
3.5 | Level design, gameplay e trama di basso livello |
Longevità risibile, rigiocabilità nulla | ||
Ottimizzazione grafica ai minimi termini per la versione PC | ||
| PIù INUTILE DI UN POSTER SENZA IMMAGINE | ||


