Dex – L’Oracolo Distopico
Una ragazza dai capelli color pervinca dorme tranquilla, ignara della serie sconvolgente di eventi che la travolgerà come una valanga da quel punto in avanti. La giovane viene infatti bruscamente destata nel cuore della notte dalla chiamata di un misterioso quanto perentorio figuro che le intima, per la sua incolumità, di lasciare immediatamente il proprio appartamento. Non c’è altro tempo per le domande e le conseguenti spiegazioni. Forse, per quelle ci sarà tempo, più tardi. Qualcuno la vuole morta e ha mandato una squadra di killer ben addestrati ad eliminarla. Inizia così una rocambolesca fuga che con qualche tocco di stile, furbescamente, ci svela in parte, ma senza grandi preamboli, il set della prima fatica di Dreadlocks, il giovane team di sviluppo dietro tutto questo.
Harbor Prime, la decadente megalopoli che fa da sfondo all’intera trama, sembra uscita direttamente da un racconto del miglior Philip K. Dick o, se vogliamo, del vero padre fondatore del genere: William Gibson. Insomma, come da tradizione si scrive “cyberpunk”, si legge “peggior futuro possibile”. Lo scenario che si svela ai nostri occhi non si discosta dal classico immaginario cyberpunk a cui decine di scrittori e registi ci hanno oramai abituati. Gli ingredienti per un intreccio narrativo intrigante ci sono tutti. Harbor Prime si presenta in tutto il suo magnifico aspetto arrugginito, fumoso ed amorale. Edifici altissimi si stagliano verso il cielo, mentre la brulicante umanità si muove, come una colonia di formiche impazzite, frenetica tra gli stretti e sporchi vicoli senza mai alzare lo sguardo verso un cielo sempre carico di nubi e smog che si limita a riversare pioggia acida. Tutto è circondato da un’atmosfera perennemente “sporca”, diretto riflesso della decadenza in cui è precipitata la civiltà. Il futuro distopico è proprio questo. Nessun spazio per bontà ed alti valori. Il progresso ha fallito. Grandi mega corporazioni hanno preso il sopravvento e spadroneggiano dettando le loro regole. Una rete telematica globale permette ogni sorta di traffico illecito ed a gruppi organizzati, di ribellarsi alla tirannia.
HIGH TECH, LOW LIFEDex è il nome della ragazza che sta scappando. Come dicevamo, per qualche oscuro motivo una mega corporazione intrallazzata con figure politiche potentissime e non esattamente limpide la vuole morta e una leggenda dell’hacking conosciuto come Raycast l’ha praticamente tratta in salvo. Perché? Sembra che il poliedrico manipolo di improbabili eroi che conosceremo nel corso dell’avventura consideri la ragazza – dopo le sagge direttive di Raycast – come una sorta di Oracolo, in pieno stile Matrix per intenderci. I motivi si sveleranno progressivamente, mettendo in campo praticamente tutti i cliché del genere cyberpunk. Già visti e letti decine di volte certo; in ogni caso l’intreccio narrativo di Dex è davvero degno di nota, con dei comprimari ben caratterizzati, così come il nugolo di NPC pronti a fornirvi i loro servizi e le numerose (nonché ottime) stringhe di dialogo a scelta multipla, oppure ancora le immancabili side quest, utili per approfondire la conoscenza di un mondo di gioco così distopico e guadagnare esperienza per salire di livello ed aver più chance di sopravvivere durante le fasi più avanzate. Questi aspetti, inutili se considerati da soli, vengono fortunatamente supportati da un gameplay dalle solide basi, che denota l’impegno profuso dal team di sviluppo per riuscire a proporre (ed a curare) qualcosa di diverso dal solito.
Messe da parte per un momento le atmosfere e l’attenzione rapita per ambienti e caratterizzazione ed addentrandoci tra gli stretti budelli di Harbor Prime, ci accorgiamo di quanto Dex sia in tutto e per tutto simile ad un classico side scrolling platform bidimensionale. Il nostro altre ego digitale può muoversi attraverso l’utilizzo dei tasti direzionali in ambienti 2D riccamente dettagliati, saltando ed aggrappandosi su piattaforme per superare l’ostacolo della verticalità e raggiungere nuovi punti della mappa. Azioni assolutamente necessarie, visto l’elevato numero di percorsi ed una mappa cittadina abbastanza intricata e contorta. Il mouse serve, al contrario, principalmente per portare a segno gli attacchi contro i molti nemici che cercheranno di fare la pellaccia a Dex. Sotto questo profilo, nonostante la presenza di un fornitissimo inventario di bocche da fuoco, rimane comunque più sicuro approcciare gli antagonisti con il buon vecchio corpo a corpo, a causa di un sistema di combattimento con le armi assolutamente mal concepito e davvero poco efficace. ci si deve sempre fermare per puntare e sparare; non esattamente il massimo quando i nemici si muovono come degli indemoniati da una parte all’altra dello stage. Ciò ci consente di sfruttare anche alcune coperture sparse lungo i livelli dietro cui nascondersi per sorprendere il malcapitato di turno e produrci in una uccisione silenziosa. Questa rappresenta l’unica concessione fatta dagli sviluppatori riguardo alle meccaniche stealth tenute, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, traballanti ,sullo sfondo di dinamiche prettamente action. Un vero peccato, perché data l’ambientazione sci-fi cyberpunk ci saremmo aspettati più sezioni stealth e soprattutto un maggior utilizzo (ed eventualmente personalizzazione) delle armi da fuoco.
FORZA BRUTA E POTERI DELLA MENTESe non possiamo avvalerci dell’aiuto di letali proiettili, come possiamo sopravvivere utilizzando solo la forza fisica? Beh, in questo caso entrano in gioco, oltre ai consueti impianti di potenziamento cibernetici, anche il sistema di crescita del personaggio, decisamente semplificato rispetto ad un classico gioco di ruolo, ma davvero ben concepito e soprattutto immediato. Acquisendo esperienza, Dex sale di livello, guadagnando uno skill point da spendere nel potenziamento della salute, della forza fisica e delle tecniche di combattimento (sbloccando anche nuove mosse). Non solo. Dex può acquisire e potenziare abilità “secondarie”, ma non meno importanti, come, ad esempio, l’abilità di scassinare serrature sempre più complicate, persuadere gli NPC sbloccando nuove possibilità di dialogo o, ancora, potenziare la particolarissima abilità di hacking della protagonista, di cui parleremo tra poco.
Dex è dotata di un particolare “potere” (o abilità, che dir si voglia) che le permette di inserirsi nella grande Rete informatica estraniandosi momentaneamente dal proprio corpo e divenendo un puro ammasso di energia in grado di hackerare in un batter d’occhio sistemi informatici super protetti, bypassare difese, virus e quant’altro, far cadere connessioni e controllare dispositivi elettronici nel mondo “reale”. Forse è anche per questo che l’hacker supremo ha scelto di schierarla dalla propria parte, no? Ad ogni modo, il peculiare sistema di hacking si struttura a mo di mini gioco. Una volta entrata in modalità AR, l’entità che rappresenta la nostra protagonista dai capelli turchese può muoversi in labirintici costrutti telematici attaccando firewall, rubando informazioni preziose e disattivando, come si diceva, dispositivi elettronici. Dobbiamo però stare attenti alle minacce che il mondo del web ci mette di fronte. Non stiamo parlando di spam e siti zozzoni dei quali – ammettetelo – si va pazzi , bensì di virus, barriere e malware lanciati al nostro inseguimento. C’è la possibilità di distruggerli od evitarli, ma se riescono a disintegrare il nostro “focus” veniamo riportati immediatamente alla realtà con una piccola decurtazione di punti vita.
CYBER CLICHÉDex infine, sotto il profilo puramente artistico, si presenta in modo assolutamente egregio. Probabilmente dalla stessa introduzione di questo articolo riuscite ad avvertire l’intensità e la cura riposta nella caratterizzazione di ambienti, storia e personaggi, sia attraverso poche ma precise animazioni bidimensionali e, soprattutto, grazie grazie a tavolozze hand drawn, tendente al noir. Qui ci limitiamo a sottolineare alcuni aspetti. Harbor Prime è una megalopoli viva e pulsante, ma pregna di spazzatura. Umana e non. Lo si nota dai stretti e sporchi vicoli si alternano a sprazzi dello skyline cittadino che è possibile intravedere tra un grattacielo e l’altro, oppure ancora dalle fogne (città nella città) e dal porto commerciale. Le zone poi sono sempre ottimamente caratterizzate e differenti per impostazione architettonica ed etnica; cosa, questa, che dona un soffio vitale all’avventura nel suo complesso. Sembra quasi un acquerello a tinte fosche. Ciò accade anche grazie ai diversi comprimari ed al nugolo di particolarissimi personaggi ed NPC che infestano la città con le loro – immaginiamo – vite ordinarie. Gli ambienti esterni ed interni sono immersi in un’atmosfera perennemente fumosa, grigiastra e desolante. Le uniche note di colore vengono dalle sporadiche e luccicanti insegne al neon di discutibili esercizi commerciali o dagli immensi murales fatti da sbandati che si contendono il territorio. La palette cromatica spenta, morente, contribuisce a dare l’idea di qualcosa di malato; di sbagliato e, forse, ormai irreparabile. Lo stesso può dirsi della soundtrack, del doppiaggio e degli effetti sonori, sempre – come si suol dire – sul pezzo.
Grande atmosfera |
7.5 | Sezione di combattimento con armi da fuoco orribile |
Intreccio narrativo stereotipato, ma assolutamente riuscito | Il sistema di hacking è interessante, ma alla lunga semplicistico | |
Sezioni stealth inesistenti, peccato, speravamo in qualcosa di diverso | ||
| Benvenuto nella tua desertica, nuova, realtà | ||


