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Recensione
TESTATO SU PS3
18 ottobre 2013, 9:00
Girl Fight
Girl Fight mobile

Girl Fight – Recensione

Il team californiano Kung Fu Factory, dopo aver percorso la via della violenza con il poco brillante Spartacus Legends, deve aver pensato che la vita del maschio medio sia scandita da poche, semplici, ma non sempre reperibili cose: la birra, gli amici e molte procaci scollature ballonzolanti davanti agli occhi. Ora, l’obiettivo non è quello di ingraziarci per forza il pubblico femminile con discorsi politically correct (ragazze, se ci siete, dite la vostra!), però non neghiamo che la suddetta filosofia in molti casi possa corrispondere a realtà e su questo hanno fatto incondizionato affidamento i ragazzi di Los Angeles che si sono arrampicati sulle spalle di chi la sa più lunga di loro ed hanno gettato in un calderone per nulla sensato esplosive signorine dalle forme sinuose e di coriandoli vestite, nel tentativo di arruffianarsi la solita e stereotipata categoria del maschio-nerd-maniaco sempre pieno di pensieri impuri per la procacità femminile, meglio se digitale.

La recensione potrebbe interrompersi qui, dato che l’essenza di Girl Fight è stata abbondantemente esplicitata nelle righe che precedono ed avrebbe davvero poco senso farsi del male andando avanti. Invece, nel nostro sadismo, vogliamo raccontarvi di più su un beat ‘em up dal corpo provocante, ma dall’anima vuota.

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Le spalle dei giganti sono spesso scivolose

L’adagio è conosciuto; per guardare più lontano è necessario armarsi di umiltà ed arrampicarsi sulle spalle dei giganti. In questa ascesa però il team di sviluppo è scivolato malamente e la caduta è stata quantomai rovinosa. Girl Fight infatti non è altro che una brutta ed insensata scopiazzatura delle ben più blasonate bombe sexy di Dead or Alive, da sempre sotto contratto con chi ha sempre preso la vita… di petto: ovvero il Team Ninja. La mancanza di originalità nella caratterizzazione delle lottatrici, tema che avremo modo di affrontare tra poco, non è però il difetto più grave del titolo e purtroppo risulta evidente sin dalle prime battute che Kung Fu Factory aveva puntato tutto proprio su quest’ultimo aspetto, dimostrando di non avere bene le idee chiare su tutto il resto. In effetti la povertà contenutistica e tecnica che trasuda dal titolo è talmente imbarazzante che risulta addirittura difficile trovare un buon punto di partenza su cui fondare la nostra analisi. Non ci resta che procedere con ordine ed iniziare dalla “storia” e dalle modalità di gioco. Come saprete, la trama, seppur presente, non è mai stata il punto forte di un picchiaduro ed in questo caso il pretesto narrativo adottato per far scontrare le avvenenti fanciulle sembra stato concepito in cinque minuti da un dipendente svogliato. Le menti delle sette ragazze sono state intrappolate in una sorta di realtà virtuale da una sedicente organizzazione chiamata “Foundation”; l’intelligenza artificiale del Sistema aiuterà a fuggire solo chi si dimostrerà degna del suo aiuto, ovvero colei che sconfiggerà tutte le avversarie. Non si percepisce mai un senso di progressione, una trama; gli stacchi tra un combattimento e l’altro sono scanditi da sfondi neri e due stringate righe di testo che dovrebbero spiegare l’evolversi della storia e che invece il più delle volte contengono riferimenti incomprensibili a background (di cui diremo di più tra poco) altrettanto incomprensibili, alimentando la domanda: “Perché continuo a giocare?”.Oltre a questa modalità Arcade, che vi terrà impegnati, al massimo, per tre ore scarse (s’intende completando la pseudo-storia con tutte le ragazze… e con calma) in normal mode, c’è poco altro; una modalità Versus ed i classici scontri online.

Kasumi, Tina, Ayane… siete voi?

La mancanza di originalità e la tendenza ad adagiarsi sul già visto si riflette non solo sull’estetica delle lottatrici, ma anche e soprattutto sul combat system, tanto da essere ridotto ad un elementare button smashing che lascia uno spazio davvero esiguo a qualsivoglia strategia. Girl Fight è un beat ‘em up che riprende la formula tridimensionale già vista in Dead or Alive, con movimenti laterali e prese, ma mentre il gameplay della serie del Team Ninja nel suo ultimo capitolo ha raggiunto un ottimo grado di strategia e varietà, con decine e decine di combo e prese spettacolari, personalizzate per ogni lottatore, in Girl Fight manca tutto questo. Le movenze delle fanciulle sono quanto mai povere ed i colpi che possono essere messi a segno si limitano a calci e pugni che non si differenziano poi molto da ragazza a ragazza, mentre le prese – quando riescono – sembrano ricalcare in modo un po’ troppo marcato, ma senza grandi velleità, alcune mosse già viste (ecco che ritorna quel nome) in Dead or Alive. Scordatevi lunghe e letali serie di colpi, contromosse difficili da eseguire o combinazioni leggendarie da padroneggiare; contro l’IA il più delle volte basta premere forsennatamente un paio di pulsanti con qualche ripetuto pattern d’attacco per poter portare a casa lo scontro senza grande fatica.

Per aggiungere un po’ di profondità al gameplay, il team di sviluppo ha pensato di dotare le super lottatrici di poteri psionici (attivi e passivi), utilizzabili durante gli scontri non appena l’apposita barra, posta sotto l’indicatore di salute, raggiunge a suon di colpi la carica richiesta per sferrare l’attacco. L’idea di base poteva essere interessante, purtroppo essa risulta inserita nel contesto in modo maldestro ed il tutto sbilancia i match in modo vistoso. Vi sono infatti abilità sin troppo potenti, come quelle d’attacco, che danno un vantaggio alle volte ai limiti della scorrettezza, ed altre francamente inutili che non portano benefici visibili limitandosi, ad esempio, a togliere punti abilità all’avversario oppure che ad aumentare la difesa della combattente. Ad ogni modo, nel tentativo di aumentare la longevità del titolo, questi poteri e le loro evoluzioni più potenti non sono disponibili sin da subito, dovendo essere sbloccati con crediti guadagnati durante gli scontri, tramite uno store in game. Ogni colpo inferto, ogni condotta di gioco, viene ricompensata con un determinato quantitativo di crediti che si vanno ad accumulare nel vostro gruzzolo e possono essere utilizzati, come si diceva, nello store per sbloccare nuove abilità o potenziare quelle esistenti, ma non solo. Infatti questa moneta virtuale può essere spesa per comprare i background delle lottatrici, ossia una serie di lunghi e noiosi documenti classificati che probabilmente nessuno avrà l’interesse di leggere, alcuni artwork sexy che ritraggono le poco vestite ragazze in atteggiamenti provocanti ed un paio di colori aggiuntivi per i costumi. Davvero poco per invogliare il giocatore – non parlo degli artwork erotici – a riprendere in mano… il pad!

Hello Titties!

Dal punto di vista tecnico, la resa grafica finale sembra essere nettamente migliorata rispetto ai primi trailer rilasciati, che lasciavano presagire addirittura un ritorno ai tempi della Playstation 2 ed al livello di titoli non proprio indimenticabili come Rumble Roses (2004!). Le combattenti sono realizzate con la tecnica del cel shading che dona loro un aspetto da cartoon e che si stacca nettamente dai pochi – e poco ispirati – fondali animati. Questi ultimi ricalcano ambientazioni già viste e riviste, dalla cattedrale in rovina alla città in fiamme, dalla base dei mecha in Siberia ad un fittizio teatro di guerra in Medio Oriente; essi inoltre sono separati dall’arena da una invisibile barriera digitale, andando a costituire meri elementi di contorno che non influenzano minimamente lo scontro in corso. La mancanza di originalità che colpisce l’intero titolo influenza anche la caratterizzazione delle pettorute lottatrici, pallide ombre rispetto ai personaggi ai quali si ispirano. Dalla soldatessa, alla ninja, dalla lottatrice di wrestling all’assassina dark-gothic: ricordate, anche solo leggendo, qualche vecchia conoscenza del mondo beat ‘em up? Tutte, comunque, sono accomunate da un combat system poco originale e abbastanza simile, nonché da esplosivi seni in costante esposizione che si muovono come se avessero vita propria. Queste nostre attente osservazioni sono state dettate da un interesse prettamente scientifico, freddo e distaccato, ovviamente; infatti siamo giunti alla conclusione che, nonostante l’impegno profuso, i maestri indiscussi di tali prodigi digitali restano ancora i ragazzi del Team Ninja. Così come tutto il resto, anche la colonna sonora spicca, a suo modo, per la banalità. L’utilizzo della musica elettronica e del dubstep è ormai canonico nei picchiaduro, ma in Girl Fight l’accozzaglia di ritmi sparsi a caso e la tediosa voce sintetica fuori campo che continuamente commenta ogni mossa o ne declama il nome ci hanno portato ad abbassare il volume in più di un’occasione.

Immagine anteprima YouTube
IN CONCLUSIONE
Girl Fight costituisce solamente un bieco tentativo di arruffianarsi il pubblico maschile utilizzando come esca ragazze poco vestite dal carattere... abbondante! Le quinte misure però non riescono a nascondere il vuoto che si cela dietro di loro. Una realizzazione artistica scadente unita alla povertà di contenuti ed alla mancanza di originalità relega Girl Fight nella parte bassa della classifica di gradimento. Non basta puntare tutto su qualche rotondità sballonzolante, basata peraltro sui presunti vizi del maschio medio, per decretare automaticamente il successo di un videogioco.
Pro-1
Grafica migliorata, rispetto ai primi trailer rilasciati
4
Contro-1
Combat system povero ed elementare
Contro-2
Abilità e store in game sono sempre delle idee, ma inserite male
Contro-3
Nessuna originalità e poco impegno nello sviluppo
Corpi esplosivi, anime vuote
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