Jets’n’Guns Gold – Recensione
Jet’n’ Guns è uno sparatutto a scorrimento orizzontale rilasciato solo recentemente su Steam dopo un lungo periodo di approvazione su Greenlight, le cui origini risalgono però al 2004, 2006 se prendiamo in esame l’attuale versione Gold. Pur condividendo diverse analogie con gli shmup tipicamente nipponici, brevi ma intensi, il titolo Rake In Grass si distingue per una campagna piuttosto longeva e un articolato sistema di personalizzazione del proprio velivolo; niente morti istantanee, focus o power-up raccattati dalle carcasse fumanti dei nemici, l’approccio ricorda vagamente quello di un RPG, dove la preparazione riveste un ruolo importante almeno quanto l’abilità ai comandi, potendo optare tra una vasta gamma di armi e upgrade, così da adattare l’arsenale in dotazione alla conformazione del livello o allo stile del giocatore. I dieci anni sulle spalle si fanno sentire o Jet’n’Guns si è rivelato una valida alternativa al genere? Di seguito la recensione completa.
WE. ARE. BEER!Come gli appassionati ben sapranno, è buona norma degli shmup inventarsi una mega-trama di sottofondo, un semplice esercito di insettoidi/robot impazziti da spazzare via non è sufficiente, servono dramma, intrighi, materiale di cui tuttavia limitandosi a giocare non si verrà mai a conoscenza (e francamente non potrebbe importarcene di meno), data la totale assenza di testi a schermo o finestre introduttive; Jet’n’Guns Gold dal canto suo non può permetterselo, considerata la durata media di circa 8 ore, trial and error escluso, pertanto gli sviluppatori hanno ben pensato di illustrare gli eventi chiave della storia tramite artbook in stile comic tra uno stage e l’altro, di discreta fattura per la cronaca; da questi si può evincere il piglio leggero, quasi caricaturale, in un susseguirsi di eventi sconnessi e spesso completamente nonsense (chiaro, non ai livelli di un Parodius), come quando dovremo fare da scorta alle provocanti scienziate a bordo delle loro vistose astronavi rosa, o ancora quando boccali di birra senzienti reclameranno la nostra anima, o delle spore a forma di piede cercheranno di farci la pelle… L’universo di Jet’n’Guns Gold è pieno di roba strana, e sebbene non abbiamo dato molto peso al comparto narrativo in sé, questo è riuscito a donare una buona varietà alle oltre 40 missioni che compongono la campagna.
A livello di gameplay, Jet’n’Guns Gold ricorda classici dell’era 16-bit come Gradius, R-Type o Salamander, in cui il principale fattore di sfida è rappresentato non tanto dai pattern nemici, quanto dalla loro disposizione nel level design: caccia kamikaze, mine e raffiche mirate sono semplici da evitare, ma se piazzati in fondo ad un corridoio o dietro un angolo è tutto un altro paio di maniche, e se le sezioni all’aperto permettono ancora di svignarsela verso l’alto (sebbene il terreno solido talvolta occupi più della metà dello schermo), nelle aree chiuse, come la cloaca spaziale (uno dei primi livelli, e anche uno di quelli in cui ho maggiormente rischiato di sfondarmi il polso, NdR), è più probabile schiattare a causa di una collisione accidentale che per altro, anche se l’IA sembra mettercela tutta per abbatterci, almeno a giudicare dalla mole di spawn a sorpresa o agguati alle spalle, un incubo per coloro che amano restringere la propria zona di movimento per avere un maggior controllo, specializzandosi magari in attacchi a ricerca o dall’ampia portata. È inevitabile, per salvarsi la pelle è necessario scorrazzare parecchio, ma non senza un’adeguata difesa, anzi, il catalogo offensivo in vendita nei negozi è immenso e ricco di prospettive come pochi nel settore: mitragliatrici pesanti, torrette automatiche, cannoni laser, trivelle minerarie, taser, globi energetici, calabroni-robot perforanti, missili, mortai, bombe, pod, superman(?), accumulando crediti sarà possibile acquistare non solo una quantità abominevole di armi, ma anche astronavi, strumentazione e potenziamenti vari; arraffare e boostare tutto è praticamente impossibile, non importa quanti punti riusciremo a intascare nel corso delle sessioni, fortunatamente la gestione dell’inventario è rapida e intuitiva, in modo da poter dar libero sfogo alla fantasia senza svuotare il portafogli o perdere anni dietro a menù o finestre ingombranti; una rapida occhiata tra le voci, dieci secondi per montare l’equipaggiamento desiderato, e altrettanti per smantellarlo e riprovare con un altro.
Al di là di questa chicca, l’esperienza offerta è alquanto canonica: nugoli di proiettili da scansare ed esplosioni in ogni dove, un concentrato di azione che richiede dita agili e riflessi meccanici, e pure un buon spirito di osservazione (in giro si trovano spesso bonus come cargo da craccare e curiosi extra, leggasi trote e paperelle di gomma), per quanto la presenza di checkpoint intermedi, un ritmo non particolarmente frenetico e un livello di difficoltà scalabile (ma comunque tarato verso l’alto, badate bene) rendono il titolo di Rake In Grass decisamente più abbordabile rispetto agli standard “asiatici” del genere. L’accessibilità è cosa gradita, ma avremmo preferito un miglior bilanciamento del gameplay, che perde il guizzo iniziale dopo alcune ore di gioco, andando progressivamente a scemare con l’ampliarsi di opzioni: se nel corso delle prime sortite si suda non poco per portare le terga di nuovo all’hangar, complici la scarsa potenza di fuoco della navicella e la sua enorme hitbox (praticamente l’intero scafo), continuando ad acquisire crediti, e quindi sbloccando l’accesso ad armi via via più efficaci, si diviene quasi onnipotenti al cospetto delle forze avversarie, incapaci di tenere il nostro passo; da shmup old-school si passa al tiro al piattello, qualunque cosa metta piede nella nostra linea di tiro implode, e neanche ci si preoccupa più dei colpi in arrivo, tanto le nano-macchine penseranno a riparare i danni, andando a fiaccare pesantemente il coinvolgimento del giocatore, che si ridurrà a mashare i tasti con fare annoiato. Ad ogni modo dubitiamo che i meno scafati raggiungano un tal grado di consapevolezza prima di aver completato la campagna almeno una volta, e Jet’n’Guns Gold lascia comunque ampio respiro ai veterani per divertirsi, le meccaniche funzionano, tranne due elementi che non abbiamo proprio digerito: la visibilità, nello specifico dei danmaku vaganti, e il feedback del velivolo. Capiterà spesso infatti di essere colpiti da qualcosa senza essere stati in grado di scorgerlo, vuoi perché troppo piccolo, confuso con il fondale o oscurato da una nube di fumo, di perdere salute, e neanche di accorgersene, dato che il gioco non fornisce alcun segnale, acustico o visivo, sulle condizioni attuali, se non quando si è a un passo dalla morte, a dir poco irritante in un titolo in cui pulizia e precisione dovrebbero essere parole chiave.
Dal punto di vista tecnico Jet’n’Guns Gold si difende bene, il design in generale non è dei più ispirati, ma in compenso la varietà non manca, mentre lo stile in richiamo agli shooter 32-bit e il frame rate stabile nonostante la mole di effetti a schermo mascherano gli ovvi limiti di un motore grafico di dieci anni fa, che però ancora si lascia apprezzare. Ottima la colonna sonora, la scaletta musicale techno-metal è una gioia per i timpani, e quel timbro retrò è la ciliegina sulla torta; scaricarla assieme al gioco è imperativo. È un peccato non poterla gustare appieno in-game.
Godibile sia dai neofiti che dai fan del genere |
7 | Sulle lunghe perde mordente |
Selezione di armi impressionante per uno shmup | Essere costretti sempre a buttare un occhio sulla barra della vita non è piacevole... | |
| CHI MI HA RIGATO LA FIANCATA!? | ||
