Murasaki Baby – Recensione
Fuori dalla finestra si intravede una notte placida e stellata che veglia sul riposo di una bambina raggomitolata nelle coperte. Sembra una notte normale, come tante altre, in cui i sogni giungono a far visita ai dormienti portando in dono avventure immaginarie e soddisfazioni per lungo tempo attese. Questa però non è la solita notte. La porta della cameretta in cui la bimba dorme tranquilla e beata si apre lentamente e lei, destata da questa stranezza, lascia il caldo giaciglio e si avvicina incuriosita all’uscio socchiuso. Bruttina, sdentata e con pochi sparuti riccioli la piccola inspira subito un senso di simpatia e di tenerezza, quando la sentiamo chiedere timorosa “Mommy?… Mommy?“, le uniche parole che pronuncerà come un mantra. Come attratta da una forza invisibile prende la decisione di varcare quella soglia che lascia intravedere unicamente il buio. In realtà non è così. Al di là si apre qualcosa di inaspettato, qualcosa che fonde il mondo del reale e quello onirico in un groviglio inesplicabile. O forse la bimba sta ancora sognando e quello che la circonda non è altro che il parto della sua fantasia? Poco importa, perché lei vuole la sua mamma e sarà nostra cura cercarla assieme a lei e al suo inseparabile palloncino, tenendola letteralmente per mano. Inizia così uno degli indie più interessanti, artisticamente e stilisticamente parlando, su cui abbiamo avuto modo di mettere le mani – anzi, le dita -, frutto della passione e della incredibile fantasia dell’italianissimo (sembra quasi un ossimoro di questi tempi) team di sviluppo Ovosonico, che vede come figura di riferimento l’ex Grasshopper Manufacture Massimo Guarini, eclettico veterano dell’industria.
TIENIMI FORTE LA MANO…La tenera (nonostante l’aspetto) protagonista, varcata l’oscura soglia viene catapultata in un mondo onirico, frutto di una fervida quanto terribilmente grottesca immaginazione, popolato di creature ancor più strane, dai background curiosi, ed in cui ci imbattiamo molto presto. Non c’è tempo da perdere, bisogna ingegnarsi a trovare la mamma. Per questo prendiamo per mano la piccola timorosa e la guidiamo con dito sicuro tra le molte insidie che quel mondo gotico cela. Come si intuisce facilmente, il particolare stile visivo e di art design scelto dagli sviluppatori è ciò che colpisce maggiormente sin dai primi istanti di gioco; Murasaki Baby però non è solo bello da vedere, perché sotto il bel vestito, come si dice, c’è di più. L’opera prima di Ovosonico fonde il particolarissimo level design con delle meccaniche di gioco ancora più peculiari. Le mai sfruttate feature della piccola di casa Sony vengono qui finalmente esaltate, anche se – vedremo – con qualche neo di troppo. Touch screen e Rear touchpad comunque dominano l’intera struttura di gioco; essi inoltre vengono conditi da un pizzico di giroscopio e, per un brevissimo tratto, anche dalle due levette analogiche. Murasaki Baby, per inserirlo in categorie videoludiche conosciute, si potrebbe definire come un side scrolling adventure con forti elementi puzzle. Prima dicevamo che per condurre la piccola protagonista bisognava tenerle la mano. Effettivamente, il fondamento del gameplay è proprio questo. Mantenendo la semplice pressione del dito sul touch screen lei riconoscerà l’input e attraverso lo swipe verso sinistra o verso destra potrete farle strada. Non troppo velocemente però, perché la poverina potrebbe cadere rovinosamente a terra, magari perdendo per un istante l’importante palloncino viola, forse l’unico oggetto che la lega alla realtà o forse perché, così piace pensare, il cuoricino rappresenta la leggerezza e l’innocenza della sua anima. Quell’oggetto è talmente importante da costituire un punto di riferimento lungo tutto l’avventura. Non solo perché lo dovrete proteggere (grazie alle gesture “multi touch” permesse) da ogni minaccia, pena il game over istantaneo, ma sopratutto perché i puzzle da risolvere si baseranno proprio sull’utilizzo di tale strumento e sulla stretta interazione tra i due piani dimensionali di cui si compone l’intero mondo di gioco.
L’ambiente dei quattro mondi che andremo a percorrere si compone infatti di due piani distinti ma intimamente legati: uno, il principale, in cui si svolge l’azione di gioco vera e propria, e il secondo sullo sfondo, composto da diverse scenografie che gli sviluppatori – a ragione, date le diverse reazioni della protagonista – hanno definito stati d’animo (o mood). Ognuno di questi sfondi possiede un determinato effetto che influenzerà l’azione in primo piano. A seconda delle necessità essi potranno essere cambiati velocemente con un semplice tocco sul touchpad mentre, tramite un altro veloce “tap”, si attiverà il particolare effetto necessario in quel preciso momento. Ad esempio, per azionare alcuni macchinari sarà necessario selezionare l’apposito fondale e tramite un secondo tocco si irradieranno le scariche elettriche necessarie per dare energia al tutto. Ancora, per superare determinate sezioni con una piccola imbarcazione si dovrà selezionare lo sfondo “tempestoso” e provocare un acquazzone, per alzare il livello del corso d’acqua e così via. La varietà di situazioni certo non manca e, va detto, c’è sempre qualcosa di nuovo da vedere e provare sino alla fine di questa – purtroppo brevissima – avventura. Infatti, come abbiamo accennato, per un tratto del nostro percorso faranno capolino anche il giroscopio il quale, rovesciando la console, permette di invertire la gravità, e una brevissima sezione con gli unici comandi fisici consentiti, ovvero le due levette analogiche. Tutta questa abbondanza però possiede anche il classico rovescio della medaglia, ossia quei “difetti” che, oltre all’estrema brevità, inficiano un titolo altrimenti davvero sopra le righe. Anzitutto, l’intera avventura scorre costantemente sugli stessi binari, nel senso che il senso di progressione, anche in termini di trama, risulta limitato a poche semplici connessioni tra un mondo e l’altro, nonché all’unica costante rappresentata dal tema della ricerca. Secondariamente, ma aspetto non meno importante, abbiamo potuto constatare che la grande originalità nell’utilizzo dei comandi porta molto presto con sé un buon grado di scomodità. Capita infatti che durante l’azione vi sia la necessità di utilizzare minimo due dita e chiaramente questo si traduce in una abbondante copertura dello schermo, nell’impossibilità di vedere chiaramente ciò che si sta facendo e magari nella necessità di dover appoggiare la console su di un piano per poter esser più comodi, nonostante si debba usare in contemporanea anche il touchpad. Più di una volta siamo stati costretti a studiare la posizione migliore per le dita e per poter far sì che il corretto input arrivasse al personaggio, o al mondo di Murasaki Baby. Uno stile di gioco abbastanza innaturale, che offusca in qualche modo la grande originalità insita nell’approccio scelto dagli sviluppatori non solo per ciò che riguarda l’aspetto del gameplay, ma soprattutto rispetto alle intime emozioni che quest’opera mira a lasciare nell’animo del giocatore.
TIM BURTON ED EDWARD GOREY?
Entrambi questi iconici maestri del gotico hanno grandemente influenzato l’opera di Ovosonico nella creazione del grottesco mondo di Murasaki Baby. La direzione artistica e il design generale del titolo sono semplicemente perfetti, donando alla produzione uno stile unico ed inconfondibile che pochi possono fregiarsi di possedere di questi tempi. In questa opera prima Ovosonico riesce ad animare gli incubi scaturiti dalle fantasie dei bambini, riprendendo in qualche modo il particolare stile di Edward Gorey trasformandolo in un punto di forza, assieme alla splendida e bizzarra caratterizzazione dei personaggi quasi Burtoniani che incontreremo lungo il cammino. Lo stile grafico bidimensionale hand drawn, il buon uso del motore fisico e la particolare fusione, in termini di gameplay, dei due piani di gioco completano quella che può essere considerata a ragione un’opera d’arte visiva. Opera però che spesso e volentieri è stata purtroppo coperta dalle nostre mani, intente a controllare la piccola protagonista e ad impartire contemporaneamente altri comandi tentando, nel mentre, anche di tenere salda la console. Un vero peccato che tale splendore risenta di queste imperfezioni, alla lunga, non di poco conto. Un plauso deve infine esser fatto al comparto sonoro, affidato a Gianni Ricciardi e Akira Yamaoka, quest’ultimo compositore di lungo corso e responsabile delle soundtrack di Silent Hill, di quasi tutti i titoli sviluppati da Grasshopper Manufacture e del promettente RiME, esclusiva PS4 di prossima uscita di cui vi invitiamo a leggere la nostra anteprima.
Artisticamente splendido |
7 | Davvero breve |
Grande carattere stilistico e sonoro | Tasso di rigiocabilità praticamente nullo | |
... Pagando lo scotto in termini di giocabilità e comodità | ||
| Mamma? Dove sei? | ||




