Qbeh-1: The Atlas Cube – Recensione
Qbeh-1: The Atlas Cube è fondamentalmente il prequel di Qbeh, un piccolo progetto studentesco che si può tuttora giocare gratuitamente su Desura. Il gioco attirò discreto interesse sia della stampa che dei videogiocatori, e ciò spinse Liquid Flower a concentrarsi su una sua versione più completa e rifinita sotto il profilo delle estetiche, lasciando intatte le meccaniche di base. Qbeh-1: The Atlas Cube, quindi, trasmetterà un senso di familiarità a chi ha già giocato Qbeh, ma non sarà esattamente la stessa esperienza, sarà come visitare a distanza di anni lo stesso luogo e vederne i cambiamenti occorsi. Per tutti gli altri sarà un’esperienza particolare da cui lasciarsi coinvolgere, già dal primo passo mosso nel mondo di gioco.

È proprio muovere i primi passi senza l’aiuto di nessun tutorial o nessuna spiegazione a farci calare ancor di più nei misteriosi mondi di Qbeh-1. Non sapere cosa fare o dove trovarsi è per tutti gli amanti dell’esplorazione una spinta in più a vagare, cercando di dare una risposta ai nostri quesiti. L’atmosfera è la prima cosa che colpisce. Verremo catapultati in quelli che sembrano inizialmente resti di un antico tempio (o comunque resti di un luogo avvolto nel misticismo) sospeso in aria. Sporgendoci dalle rovine si potrà ammirare il panorama sotto i nostri piedi, niente di articolato, ma un cielo di un azzurro vivo striato da moltissime nuvole che ci fa sentire piccoli e vigili allo stesso tempo: basterà infatti un passo falso per precipitare. Pur non avendo coordinate e punti di riferimento viene del tutto naturale lasciarsi coinvolgere, complice anche una colonna sonora rilassante che sulle note di un pianoforte scandisce i nostri movimenti, inframmezzata da suoni ambientali pacati. Come se all’improvviso conoscessimo ogni segreto dello spazio in cui ci troviamo, viene spontaneo raccogliere con il tasto destro del mouse l’unico elemento che stacca rispetto al contesto: un cubo colorato con decorazioni luminose, posizionato e messo in risalto su un altro cubo, ma semplice, e fatto dello stesso materiale del tempio. I cubi rivestono un ruolo importante, infatti in questo puzzle game ambientale ogni enigma potrà essere risolto utilizzando dei cubi di varia fattura. Saranno sparsi in diverse zone del livello, ma dovranno prima essere raccolti e poi utilizzati, per interagire con l’ambiente circostante in base anche alla loro peculiare abilità. Senza svelare troppo o associare uno specifico colore alla sua abilità, che lasciamo quindi ricollegare al lettore, possiamo dire che ognuno dei cubi è uno strumento magico che ci permette di raggiungere luoghi altrimenti irraggiungibili. Alcuni serviranno per creare percorsi, altri serviranno per aprire porte o manipolare piattaforme, altri ancora ci permetteranno di controllare la forza di gravità per spiccare salti più alti e infine potremo utilizzare gli stessi cubi come ascensori o piattaforme in movimento.
Gli enigmi da risolvere non sono mai frustranti e proprio il ritmo lento e tranquillo che si respira invita a prendersi il proprio tempo, favorendo la loro risoluzione in totale assorbimento. Non ci troveremo mai di fronte a sezioni puzzle complesse, ma sono in grado di far ragionare il giocatore piuttosto che farlo procedere per prove ed errori, o peggio, casualmente, come accade in altri titoli dove il colpo di fortuna determina un buon 50% della risoluzione. Come accennavamo in apertura, nonostante ci troviamo fin da subito in un luogo sconosciuto, i livelli sono costruiti in modo da non farci sentire persi. Spesso c’è il rischio che l’esplorazione diventi opprimente invece che liberatoria, ma in Qbeh-1: The Atlas Cube questo non accade. Le strutture diventano sempre più grandi ed intricate, poste su più piani e su diverse posizioni spaziali, ma è come se noi avessimo sempre il controllo sull’ambiente. Ogni mondo è composto da sei livelli, e anche se le differenze visive tra i vari mondi non differiscono più di tanto, la scelta di variare l’orario del giorno e tingere talvolta il cielo dei caldi colori del tramonto conferisce un pizzico di varietà e rende piacevole fermarsi ancora una volta ad osservare la cornice in cui si è inseriti. L’unica nota stonata che può infastidire è la posizione dei checkpoint: se da un lato la scelta di inserirne pochi è un fattore positivo che punta ad aumentare la difficoltà, dall’altro lato una posizione troppo lontana dagli enigmi più impegnativi, o dalle zone ad alto rischio di cadere di sotto, costringe in modo punitivo il giocatore che fallisce a ripercorrere parti di gioco già compiute.
Atmosfera rilassante |
8.5 | Posizione dei checkpoint non proprio ottimale |
Buona colonna sonora | Maggiore varietà estetica sarebbe stata gradita | |
| Di cubo in cubo | ||