R-Type Dimensions – Recensione
Porting fasulli, collection “in alta definizione”, questo inizio di next gen ci ha davvero riservato grandi sorprese, talmente tante che gran parte del catalogo delle nuove console potremmo tranquillamente reperirlo altrove ad un decimo del prezzo, DLC compresi, e senza la necessità di un’altra bara ingombrante sulla scrivania. Ma se il titolo in questione fosse il remake di due gemme di fine anni ’80, riproposte nella loro veste originale da cabinato? Sarebbe tutto un altro paio di maniche. Stiamo parlando di R-Type Dimensions, ghiotto bundle che include i primi due capitoli della storica saga Irem, rilasciato nel 2009 su Xbox Live e ora pronto a debuttare sul PSN di PS3. L’ABC degli sparatutto a scorrimento è tornato, e non sembra certo sentire i 27 anni sulle spalle. Noi forse si…
USE THE FORCE… POD?
Nato nel 1987 in formato arcade, R-Type entrò rapidamente nella cultura pop grazie all’ottimo feedback ricevuto, e viene tuttora riconosciuto come uno dei capisaldi del genere, analogamente al suo diretto concorrente, Gradius, rilasciato qualche anno prima; ad oggi, sono numerosi gli shmup che omaggiano o hanno preso spunto dal titolo Irem (inclusi i big del settore, come Konami con il suo Xexex o SNK con Pulstar), e lo stesso R-Type gode di una quantità esorbitante di conversioni sparse ai quattro venti (senza contare i cloni), tra cui l’adattamento per Master System, Amiga, PC Engine, Game Boy, addirittura Spectrum, giusto per citarne alcuni, fino ad arrivare ai giorni nostri con iOS e la Virtual Console di Wii. Dopo R-Type II e Leo, quest’ultimo mai uscito dalle sale giochi, la saga traghettò definitivamente su console, inizialmente in casa Nintendo, con il pseudo-porting del secondo capitolo, Super R-Type, e R-Type III: The Third Lightining, e successivamente sul versante Sony, con Delta (PS1), Final (PS2) e il curioso Tactics (PSP). Con il senno di poi, è sufficiente una rapida occhiata per capire a cosa sia dovuto il successo del capostipite: un level design eccellente, un tasso di sfida proverbiale, ma comunque alla portata di chiunque una volta compresa la chiave di lettura di ogni singolo schema e tutt’altro che scorretto nei confronti del giocatore, un livello di dettaglio impressionante per l’epoca, e le innovative meccaniche basate sul Force Pod (che approfondiremo nel dettaglio più avanti). R-Type aveva tutte le carte in regola per diventare un cult, e anche oggi rigiocarlo con il Dualshock è un vero piacere, non ha davvero bisogno di altro per divertire e coinvolgere come un tempo; l’unico problema è riuscire a stare al suo passo, dopo i “cheat” a cui ci hanno abituato le produzioni odierne temiamo di avere le dite un po’ intorpidite…
Tornando al nodo centrale dell’articolo, R-Type Dimensions non è una semplice raccolta, sulla scia di R-Types per PS1: il titolo Southend Interactive propone infatti entrambi i giochi in una rinnovata veste poligonale, e permette in qualunque momento di intercambiare il nuovo comparto grafico con quello retrò (bgm comprese), senza fasi di transizioni invadenti o sensibili cali di performance; la qualità complessiva è molto buona, architetture ed effetti speciali non spremono certo l’hardware di PS3, ma sono stati realizzanti tenendo in grande considerazione la fedeltà all’opera originale, limitandosi a smussare qualche angolo e a pulire alcuni fondali un tantino troppo psichedelici. I colori sono accesi e creano ottimi contrasti tra l’azione in primo piano e il background animato, il frame rate solido e il widescreen consentono una corretta visualizzazione anche sulle tv di ultima generazione. Unico neo l’emulazione, causa di sporadici glitch, ininfluenti sull’esperienza fortunamente, e meno tollerabili crash di sistema all’avvio di R-Type II, che ci ha costretto diverse volte a resettare la console; problema solo nostro? Oltre alle migliorie tecniche, Dimensions include un’opzione “3D”, che imposta la telecamera ad un’angolazione diversa da quella classica, perpendicolare al piano di gioco, trasformando R-Type in uno shooter 2.5D: l’idea di suo non è male, ma difficilmente i veterani riusciranno ad abituarsi alla visuale stereoscopica, come punto di vista non è particolarmente funzionale al ritmo di uno shmup, specie considerando le distanze sfalsate dai bersagli. Ancora, co-op locale e leaderboard online, achievement, sempre un’aggiunta gradita, e la modalità infinita, pensata per i neofiti e i meno pazienti (*fischiettio* NdR), che fornisce vite infinite e respawn immediato, ideale per prendere confidenza con i comandi e gli stage prima di tentare la sorte con la run ufficiale. Sì, ammettiamo che avere una scorta illimitata di Arrowhead ci ha fatto sentire… “sporchi”, ma fidatevi, è un male necessario, perché vista la cattiveria di entrambi i titoli andare alla carica senza un piano non avrebbe certo giovato al fegato. Stranamente, non ci è concesso settare il livello di difficoltà o la mappatura dei tasti, a differenza di altre versioni…
BUONA LA PRIMA… PURE LA SECONDA
Ne abbiamo già parlato in abbondanza, ma nello specifico, cos’è R-Type? Trattasi di uno sparatutto a scorrimento orizzontale (o dovremmo dire LO sparatutto a scorrimento orizzontale, coetanei permettendo?), caratterizzato da power-up “tradizionali” (non credo lo fossero nel ’87 NdR), come speed boost, missili, scudi, laser e simili, un livello di difficoltà che definire infernale è un eufemismo, e un singolare strumento alla base del gameplay, divenuto il suo marchio di fabbrica: il Force Pod. A differenza dei pod secondari di Gradius, che seguono tacitamente i movimenti del giocatore, sparando all’unisono, questo indistruttibile globo di energia può essere agganciato al muso o alla coda della navicella per fornire difesa aggiuntiva o copertura nelle retrovie, oppure sparato e manovrato entro certi limiti per concentrare il fuoco in zone altrimenti pericolose, sfondare a mo’ di ariete nugoli di nemici e pareti, o attaccare il nucleo dei boss senza esporsi; ci vuole del tempo per sfruttare appieno il suo potenziale, ma il suo contributo strategico è fondamentale per superare indenni (o quasi) la seconda metà della campagna, e nonostante le funzionalità limitate stupisce quanto sia versatile e comodo, anche senza power-up annessi. In tutto, R-Type è composto da 8 livelli, tanti rispetto ai soliti 5 o 6, sebbene piuttosto brevi, ognuno con una propria personalità, un design peculiare, e un’enfasi su un particolare elemento, impossibili all’apparenza, una passeggiata non appena memorizzato il pattern più efficace (parliamo di parecchie sessioni e un numero esorbitanti di morti). Essenziale, arduo, stiloso… bello. Punto.
R-Type II dal canto suo non è certo da meno. Classe 1989, il seguito diretto presenta 6 livelli, in parte ispirati al suo progenitore, per quanto più lunghi e bilanciati strutturalmente, 3 nuove armi da aggiungere all’arsenale, dettagli, tanti dettagli, una delle massime espressioni dell’era 16-bit, anche se la palette scura e la composizione principalmente sintetica non rendono bene come l’armonia bio-meccanica del primo capitolo, e una difficoltà paradossalmente superiore, che impenna sin dal secondo stage e raggiunge il suo apice al quinto, un trauma da percorrere ogni dannata volta. Un ottimo shmup, ci mancherebbe, ma secondo noi l’originale non si batte.
Old but gold |
8 | Ci auguriamo che i rari crash vengano sistemati il prima possibile |
Le novità e le migliorie grafiche non sono affatto male... | ... Tranne la telecamera "Folle". Dubitiamo verrà utilizzata a lungo | |
| GAME OVER, PAL | ||
