Evoland – Recensione
Ripercorrere il processo evolutivo della storia videoludica, ironizzando al tempo stesso sulle limitazioni e gli stereotipi dei titoli che hanno fatto la storia. Evoland fa propri alcuni dei temi che sempre più stanno prendendo il largo tra gli indie, rivolgendosi a quei giocatori con qualche anno sulle spalle che ancora espongono con fierezza le proprie console decennali sulla mensola e non disdegnano farsi una sana risata sopra i loro mostri sacri preferiti.
Nonostante un concetto più volte adottato nel settore, i toni sopra le righe, le citazioni sfrontate e una formula di gioco cangiante garantiscono a Evoland un feeling molto particolare, schivo alla metodica comune e pertanto difficile da inquadrare in un’ottica ben precisa; è un progetto concepito non per fini puramente commerciali, non con l’obiettivo di innovare un genere, ma per commemorare un’era ormai perduta, toccare l’animo di coloro che hanno visto la propria gioventù prendere forma proprio grazie a quel mondo e scaturire in loro un fiume in piena di ricordi… Peccato che ciò sia andato a discapito della qualità intrinseca della produzione Shiro Games. E’ sufficiente sfoderare la carta nostalgia per scrollarsi di dosso ogni critica? Di seguito la nostra opinione in merito.

C’ERA UNA VOLTA UN PIXEL…
L’esperienza di Evoland ruota attorno ad un perno ben preciso: l’evoluzione, per l’appunto, del gioco stesso, sia dal punto di vista ludico che tecnico; ogni singolo elemento, di norma alla base di un titolo, in Evoland non è che il tassello di un puzzle che andremo a raccogliere nel corso della strampalata avventura ordita dagli sviluppatori, ricca di rimandi e caricature più o meno evidenti. Dalla sola possibilità di muoversi verso destra, il giocatore prenderà attivamente parte alla “costruzione” del gioco, da feature fondamentali ad altre completamente inutili: il concetto di vita, lo scrolling della mappa, i punti di salvataggio, la lettura dei cartelli, tutto è custodito negli scrigni sparsi lungo il tragitto, persino trama, colonna sonora e battle system. Similmente, la formula di gioco si adatta al “periodo corrente”, passando da una prima fase 8 bit prettamente adventure, in stile The Legend of Zelda, ai successivi combattimenti a turni presi di peso da Final Fantasy IV, alternando azione in tempo reale a puro hack’n slash, per poi tornare ad omaggiare la saga di Square Enix ed altri brand celebri.
I continui cambi di regia e genere aiutano Evoland a mantenere un ritmo sostenuto, sfide sempre fresche e nuovi stratagemmi per ironizzare, un fattore non indifferente se si considerano le 3-4 ore necessarie per terminare la campagna principale e l’assenza di stimoli a rigiocarla; tuttavia, abbiamo riscontrato una certa discordia tra i vari frammenti di gameplay: alcuni si trascinano troppo a lungo, altri risultano monotoni nonostante la breve durata, altri ancora hanno termine prima ancora di mostrare il loro potenziale… Questa lacuna non indifferente è probabilmente da imputare al ventaglio di opzioni estremamente limitato del prodotto, lungi dall’avere termini anche con uno solo dei titoli a cui si ispira; in pratica, pur di ammiccare ad un’intera generazione, Evoland paga lo scotto esibendo lo spessore di un foglio di carta. E’ come un grande museo interattivo: si possono imparare tante nozioni sul passato, ma nessuna di queste riesce minimamente a restituirne lo splendore; un giocatore giovane lo accantonerebbe senza pensarci due volte, ma anche i più navigati potrebbero avere dei problemi a digerire un’infrastruttura così esile, valore simbolico o affettivo a parte; il prezzo elevato non fa che disincentivarne ulteriormente l’acquisto.
Come gioco a sé stante, insomma, Evoland stenta a reggersi sulle proprie gambe, ma guadagna punti se per un istante dimentichiamo di avere tra le mani un titolo comune e gli lasciamo svolgere il ruolo per cui sembra essere nato: la parodia. Enfasi palesemente forzata di molti degli elementi ricorrenti nell’immaginario fantasy di metà anni ’90, frecciatine sarcastiche a eventi che al loro tempo fecero scalpore, citazioni ripescate da un numero imprecisato di saghe, persino cinematografiche, e inserite in contesti completamente randomici, nonsense profuso. In Evoland nulla si salva dalla sua chiassosa e grossolana ironia, studiata per saltare fuori all’improvviso e nelle maniere più impensabili, tanto da riuscire sempre a sorprendere, e perché no, strappare un sorriso, calando il sipario al momento opportuno con una massima a dir poco epica, per quanto fuori luogo. Forse gli sviluppatori si sarebbero potuti spingere ancora oltre, ma arrivati ad un certo punto la struttura di gioco inizia a barcollare sotto il peso dei difetti sopra elencati, pertanto riteniamo sia stata una mossa saggia non rincarare la dose e lasciar scorrere i titoli di coda quando ormai non c’è rimasto molto da dire, almeno a livello ludico.
E come trascurare il lato tecnico, piccolo tributo ancora più dettagliato del progresso tecnologico avvenuto in questi ultimi 30 anni? L’avventura ha inizio in un bosco privo di colori e suoni, ma come per il gameplay avremo modo di migliorarne sensibilmente la qualità collezionando aggiornamenti dagli scrigni, dall’architettura alle texture, includendo illuminazione, BGM (in linea con le capacità computazionali), tempi di caricamento e chicche come il Mode 7, che faranno la felicità dei giocatori più attenti. Piccole migliorie a parte, l’era 16 bit è quella gestita con maggior criterio, con una buona pixel art e location convincenti, mentre il level design scialbo e i modelli poligonali super-deformed stile FFVII introdotti con il 3D non ci hanno proprio convinto, non a caso è anche la porzione più ridondante da giocare. Una delle poche note positive in questo caso sono alcuni enigmi risolvibili alternando seconda e terza dimensione (un po’ come in Super Paper Mario), un’idea semplice ma efficace, piagata purtroppo da una realizzazione appena abbozzata (come buona parte del gioco del resto); che sia un’allegoria dell’impoverimento spirituale del media videoludico con la progressiva proliferazione dei poligoni? Ottimi i brani di sottofondo, un po’ meno lo stacco continuo causato dagli incontri casuali… Come ai vecchi tempi.
Cotanta passione old-school catalogata in così poco spazio... |
6.5 | ...Troppo poco in effetti |
Alcune gag sono da Oscar | Struttura di gioco estremamente limitata | |
Rapporto qualità/prezzo svantaggioso | ||
| QUESTA, AMICO MIO, E'... UNA MINIERA! | ||