Legend Of The River King – Recensione
Conosciuta anche come Harvest Fishing, la serie di River King ha radici profonde nel panorama videoludico, avendo solcato numerose piattaforme sin dal suo debutto su NES del 1990, ma da noi è piuttosto sconosciuta, in quanto buona parte delle sue installazioni non hanno mai visto la luce al di fuori del Giappone. Sviluppato da Victory Interactive Software e pubblicato da Natsume, meglio note per Harvest Moon, il brand fonde il ritmo lento e i toni pacati di un simulatore di pesca a elementi ruolistici tradizionali, per un’esperienza a dir poco atipica. Il capitolo odierno è il primo della saga ad essere mai uscito su console portatile, rilasciato in Giappone nel 1997 per GameBoy e in versione policromatica in Europa nel 1999 per GameBoy Color. Se pensate che un processore 8 bit e appena 2 tasti non possano mettere su un titolo dalle meccaniche complesse e dal design accattivante…questo piccoletto vi attende nell‘eShop del 3DS per farvi ricredere. E se ancora avete dei dubbi, la nostra recensione fa al caso vostro, anche se un po’ tardiva.

PESCARE MAGIKARP ERA PIU’ SEMPLICE
La sorellina del nostro alter ego è gravemente malata, e c’è solo un modo per salvarla: acciuffare un Guardiano, un pesce leggendario che si dice dimori nei pressi del piccolo villaggio a ridosso di un florido corso d’acqua immerso nel verde, attraverso cui si dipanerà l’avventura. A tal proposito, in che modo una creatura pinnata può guarire da ogni male? Ingerendolo crudo? Bollito con le erbette? Inalandone gli aromi? Iniettandoselo endovena? Pesci in faccia (letteralmente)? Meglio non saperlo, sono giapponesi dopotutto, sapranno sicuramente cosa fare, fatto sta che, senza una singola indicazione né su come sia fatto né dove trovarlo, nostra madre ci butta in mezzo alla strada con un kit da pescatore infimo e quattro spiccioli.
Ci facciamo un giretto in zona, chiacchierando con i servili abitanti del borgo, quando decidiamo di imbracciare il bastoncino spacciato come canna da pesca e ci accingiamo a depredare il fiume. Selezionamo l’esca e lanciamo il galleggiante verso l’acqua; questo rivela il cospicuo numero di pesci in zona, indicati come sagome gialle in continuo movimento. La lenza inizia lentamente a seguire la corrente, fino a fermarsi vicino a un piccolo banco di futuro tonno Rio Mare, che apparentemente non sembra interessato al “regalino” da parte nostra. Dopo circa 2 minuti di attesa, un fortunato decide finalmente di addentare la larva d’insetto, dando inizio al minigioco in cui dovremo vincere la resistenza del pesce di turno e trascinarlo in superficie. Neanche il tempo di capacitarsi del lieto evento che l’infame scatta cercando di salvarsi la pelle. D’istinto premiamo il tasto A per riavvolgere la lenza, ma l’animale non sembra intenzionato a seguirci spontaneamente, bloccandone i movimenti; allentata la presa dal pulsante, riprende la sua corsa, avvicinandosi pericolosamente al bordo inferiore dello schermo, così tentiamo nuovamente di fermarlo, ma niente, il pesce si rifiuta di collaborare e sfugge alla cattura subito dopo, mangiandosi l’esca. Poco importa, ne abbiamo altre, quindi riproviamo, ma con un approccio più deciso: una volta abboccato, diamo vari strattoni alla canna, sperando di fiaccarlo, senza successo purtroppo. E tiro alla fine sia allora, ma neanche due secondi di pressione che il nuovo candidato abbandona con nonchalance lo scontro, stavolta persino con l’amo.
Abbiamo tentato più e più volte, fallendo ovviamente, fino a capire che il segreto nell’acchiappare le sfuggenti bestiacce sta tutto nell’attesa, nel lasciar nuotare la preda libera finché non si ferma stremata, e solo allora riavvolgere. Richiede pratica e buone tempistiche (prestando bene attenzioni alle segnalazioni acustiche), ma una volta appresa la tecnica vale per ogni pesce, tuttavia l’assenza di un tutorial e i menù poco intuivi rendono i primi minuti di gioco piuttosto problematici, soprattutto per i meno pazienti (nell’originale presumiamo ci fosse il libretto d’istruzione a colmare questo vuoto). Conoscere i rudimenti non è sufficiente però a diventare un buon pescatore: esistono dozzine di specie da catturare, e ognuna predilige una particolare tipologia di esca, inoltre dovremo selezionare con cura le dimensioni dell’amo e la tipologia di canna, ognuna con peculiari caratteristiche; conoscere le forme di vita negli specchi d’acqua e comprendere quale strumento utilizzare a seconda della situazione e dell’obiettivo è forse l’elemento di maggior interesse del titolo Natsume e può essere fonte di grandi soddisfazioni.
IL PUGNO DI OKUTO…
Sebbene la formula di gioco si riveli ben strutturata, ricercata e molto originale nel saper arginare i limiti tecnici imposti dalla console di origine, percorrere le bucoliche location di LOTRK è molto piacevole, sia a piedi che a terra. La trama è scandita da un ritmo piuttosto lento, e generalmente buona parte del tempo lo si passa raccattanodo pesci per le bizzarre richieste dei paesani (che per un erroneo lavoro di traduzione sembrano tutti parenti del protagonista) o facendo la spola tra il pescivendolo e il negozio di pesca per racimolare soldi a e acquistare nuova attrezzattura, eppure una volta iniziato a lanciare l’amo ci si dimentica di tutto, fissando lo schermo ansiosi di tirare su la lenza al primo scossone. A dare quel pizzico di sfida in più ci pensano i incontri casuali contro gli animali selvatici, che spaziano da ragni, pipistrelli, serpenti, fino a orsi e scimmie. Non siamo guerrieri, neanche possediamo un’arma, come difendersi dunque dalle minacce incombenti? Semplice: prendendo tutto a pugni. Sulla base di un’interfaccia simil-Dragon Quest, selezionando la voce lotta partirà un meccanismo “hit or miss”, in cui spunteranno a random icone, a forma di pugno per l’appunto, che indicano il punto in cui andremo a colpire; a seconda di dove fermeremo il cursore potremo infliggere danni critici al “mostro” o mancare del tutto. Vincere i combattimenti assicura punti esperienza, utili per aumentare il tetto massimo di punti salute e la gittata della lenza, tuttavia nel processo talvolta si rischia di perdere pesci (dannati corvi ndr) o di essere sconfitti e ritrovarsi nell’ultima locanda visitata (deja vu?); tentar non nuoce.
La modalità principale, Fish, non è particolarmente duratura, in 6-7 ore circa si riesce a terminare l’avventura e scoprire ogni anfratto del gioco, e si rivela abbastanza lineare in più di un occasione, ma tra un ritaglio di tempo e l’altro è un’esperienza dir poco sollazzante, inoltre gode di un ottima rigiocabilità. A spezzare il ritmo troviamo inoltre Raise, non esattamente una modalità a sé stante, quanto un curioso passatempo. In pratica non è altro che un Tamagotchi in versione ittica: dovremo accudire il nostro pesciolino, dandogli regolarmente da mangiare e cambiando l’acqua dell’acquario, così da farlo crescere e poi…boh, lascio a voi immaginare. Il tempo scorrerà simultaneamente a quello della campagna, in modo da permettergli di progredire mentre giochiamo, e potremo arredargli la casa con alghe, rocce, spugne e altre decorazioni, persino scegliere la tipologia del fondale e l’altezza dell’acqua; sarà anche un diversivo per sessioni della durata di massimo un paio di minuti, però è davvero curato.
Tecnicamente regge LOTRK ha retto bene il peso degli anni e l’enorme salto generazionale: lo stile minimale, che richiama da vicino i mostriciattoli di Game Freak, è tuttora una gioia per gli occhi e si addice perfettamente al tono rilassato e pacifico, a cui unire colori sgargianti, sprite dettagliati e animazioni essenziali ma efficaci. Pregevole anche la colonna sonora, ricca di motivetti allegri e ritmati, un po’ acuti alle volte ma comunque orecchiabili.
Originale (alla faccia degli anni) e divertente |
8 | L'assenza di un qualsivoglia tutorial crea qualche grattacapo |
Regge perfettamente il passo con i tempi | ||
| PESCI IN FACCIA | ||