Shin Megami Tensei: Devil Summoner: Soul Hackers – Recensione
Nella ludoteca in continua espansione del 3DS a risaltare sono essenzialmente le esclusive di casa Nintendo ed una ristretta cerchia di third party, principali fautori del suo successo su scala globale, ma spulciando con attenzione la piccola console portatile non sembra certo lesinare sui prodotti di nicchia, in particolar modo JRPG, tra sequel, nuove IP e remake di vecchie glorie. Tra questi, Devil Summoner: Soul Hackers merita di certo una menzione d’onore. Il titolo è il secondo capitolo della saga spin-off di Shin Megami Tensei, Devil Summoner per l’appunto, pubblicato originariamente nel lontano 1997 su Sega Saturn e riproposto a seguito di alcuni miglioramenti su PS1 nel 1999, mai approdato in occidente.
La cartuccia nei nostri 3DS è dunque il porting potenziato di un porting potenziato, con ben 16 anni sulle spalle: la ruggine ne avrà intaccato irrimediabilmente l’antico splendore o un buon gioco di ruolo è per sempre, specie se “fresco” agli occhi nostrani? Nella recensione in calce il verdetto.
ANACRONISMO DISTOPICO
Il primo capitolo della saga di Devil Summoner non ha mai avuto la fortuna di ricevere un adattamento per il mercato occidentale, tuttavia i suoi legami con Soul Hackers sono pressoché inesistenti, le storie narrate nei due titoli, pur condividendo un setting analogo, sono autonome, e i pochi riferimenti non influenzano minimamente la leggibilità del sequel, tanto meno hanno la possibilità di essere colti dal giocatore ignaro; ciò permette anche ai novizi di godere appieno dell’esperienza, senza che debbano interrogarsi su aneddoti introdotti e sviscerati altrove.
La vicenda di Soul Hackers si svolge nella città di Amami, Giappone, primo prototipo al mondo di metropoli perennemente connessa alla rete, concepita per ospitare il software Paradigm X, vero e proprio centro cittadino virtuale, in cui gli abitanti, identificati tramite ID registrato, possono creare e personalizzare il proprio avatar, visitare strutture attrezzate, o semplicemente chiacchierare nei forum. Il programma è ancora in fase di beta testing ed i candidati che avranno l’onore di provarlo in anteprima sono stati selezionati con una lotteria, da poco conclusasi. Il nostro protagonista senza macchia e senza nome a quanto pare non è tra questi eletti, ma caso vuole che faccia parte di un piccolo gruppo di hacker, gli Spookies, quindi per lui è questione di un attimo connettersi ad un terminale e cancellare il nome di un disgraziato dall’elenco per affiggervi il suo, et voilà, un biglietto assicurato per l’ultima frontiera dell’intrattenimento multimediale.
Nelle primissime battute di gioco, mentre l’ambientazione prende lentamente forma e i personaggi vengono introdotti con una metodica piuttosto tradizionale, uno strano senso di deja vu ci ha assalito con il progressivo delinearsi di questo fantomatico Paradigm X e delle sue ripercussioni sulla società, forse perché l’idea di “utopia” proposta da Soul Hackers, il cui concept ricordiamo risale alla seconda metà degli anni ’90, non è poi così distante dalla realtà in cui viviamo. Costruirsi un alter ego, lavorare, fare shopping e tenersi informati comodamente davanti ad un monitor, dialogare e prendere parte ad attività di gruppo con chiunque e senza freni, Paradigm X non è altro che un allegoria di Internet per come lo intendiamo oggi e sorprende come l’atteggiamento di molti NPC che incontreremo sia riconducibile a molti dei “morbi” che piagano soprattutto le generazioni più giovani; tuttavia, mentre 16 anni fa ciò poteva essere interpretato come una semplice fantasia, votata allo sbandierare le potenzialità del progresso in questo settore (o perché no, una sorta di monito), sulla falsariga delle pellicole cyberpunk in voga in quel periodo, con il senno e la mentalità attuali Amami è il ritratto di molte città tecnologicamente sviluppate, un realismo quasi paradossale se si pensa come Atlus abbia anticipato i tempi.
Detto questo, critica sociale e riflessioni varie non sono certo il perno su cui verte il titolo, come si evince dall’evolversi della trama. Il protagonista, durante un giro di prova nei vicoli di Paradigm X, viene rapito, o meglio la sua anima viene rapita, da un’entità misteriosa, Kinap, che lo chiama a sé per rivivere gli ultimi istanti di vita di un uomo, ex-possessore di uno strano computer portatile raccattato per caso dal leader degli Spookies, il COMP. Questo trip mentale gli permette di avere accesso al dispositivo, che si scopre essere in grado di evocare demoni e creature paranormali. Alla sua accensione viene liberata dalla sua prigionia Nemissa, un demone privato dei suoi ricordi, che per sopperire alla carenza di un corpo si impossessa dell’amica del protagonista, Hitomi. Seguiranno intrighi e combattimenti a cavallo tra il mondo reale e quello virtuale per scoprire i piani malvagi della società responsabile di Paradigm X e gli oscuri segreti celati dietro il programma. Come molti JRPG, il comparto narrativo impiega un po’ a decollare, ma l’intreccio nel complesso è piacevole da seguire e l’ambientazione urbana in chiave gotica affascinante; altro pregio, la caratterizzazione dei personaggi e gli scambi di battute, tutt’altro che campati per aria e scevri dai soliti cliché o stereotipi, dinamiche classicheggianti rimaneggiate con personalità e carisma, proponendo così un cast memorabile e convincente in un contesto originale ancora oggi, virtù che ormai vengono soppiantate in favore della spettacolarità e dei finti moralismi triti e ritriti.
GOTTA FUSE ‘EM ALL
La formula di gioco di Soul Hackers fonde i combattimenti casuali a turno tipici del genere con un’esplorazione in prima persona in stile dungeon crawler. Il design delle strutture che andremo a perlustrare (aeroporti, magioni infestate, complessi residenziali…) sono concepiti per lasciare il giocatore in panne, smarrito e confuso, coi loro pattern ripetitivi ed i ricorrenti bivi o vicoli ciechi, senza alcun punto di riferimento, in quanto la mappa è tracciata sulla base della posizione corrente, il campo visivo è estremamente ridotto e la meta non viene mai segnalata. Su 3DS fortunatamente possiamo consultare i progressi compiuti in qualunque momento sul touch screen, una comodità non da poco, considerato che dovremo spesso tornare sui nostri passi, e perdersi è questione di un attimo; ad accentuare il senso di abbandono, si viene costantemente braccati dai demoni in libertà, che attaccheranno in branco nei momenti meno opportuni. Il battle system, anch’esso molto sui generis, consente di schierare fino a sei unità per volta (protagonisti inclusi), tre in prima linea e tre nelle retrovie, e l’arsenale a disposizione è costituito da attacchi semplici, tecniche speciali, armi da fuoco, magie elementali, curative, di status, buff e debuff, nulla di nuovo alla luce del sole, insomma; l’elemento distintivo che rende unico l’approccio con Soul Hackers è la gestione del party.
Come già accennato, il COMP permette di interagire con i demoni, reclutarli e convocarli in battaglia, tuttavia a differenza dei mostriciattoli di Game Freak non si possono catturare tramite chissà quale marchingegno, ma devono essere convinti a sposare la nostra causa. Tra i comandi all’inizio di ogni turno potremo notare un certo ‘TALK‘, che ci consentirà di scambiare quattro parole con il candidato selezionato. I demoni si suddividono in specie e razze, ognuna con peculiari skill, resistenze e debolezze, ma anche indole e reazioni a seconda del nostro approccio, ed è compito del giocatore fare premere i tasti giusti per impressionarli; alcuni potrebbero decidere di abbandonare il campo di battaglia, da soli o portandosi dietro tutto il seguito, altri ancora di regalarci soldi o oggetti, fornirci dritte e consigli vari, fino ad unirsi alla squadra, oppure, se stizziti, ignorarci, o peggio attaccarci. Il dialogo insomma spalanca le porte a molte possibilità, dalle ricompense facili alle mazzate gratuite, ma fare un tentativo di tanto non è la fine del mondo e permette di staccare la spina per ammirare quale razza di discorsi si possono intavolare con la folkloristica fauna locale: c’è chi si dimostra preoccupato nei nostri confronti, chi vuole essere confortato dopo una giornataccia a lavoro, chi pretende un massaggio alla schiena, chi si interessa sui metodi di cottura degli umani e sulle loro parti più prelibate, chi si dilunga in lunghe riflessioni filosofiche sul senso della vita e del disegno divino del creatore, chi non disdegna essere corteggiato, chi ha chiaramente battuto la testa da piccolo e farnetica cose a caso, chi studia uno pseudonimo d’arte e altre chicche che di certo non ci aspetteremmo da simili interlocutori. Dovremo inoltre tenere conto delle fasi lunari, che influenzano sensibilmente gli istinti primordiali e l’umore dei demoni, eventuali upgrade installati nel COMP, l’affinità del party (luce ed oscurità, ordine e caos), poiché alcune specie non vedranno di buon occhio combattere fianco a fianco con certi soggetti, ed altri fattori che denotano una componente “social” ben congegnata, con il giusto rapporto rischio/ricompensa oltre che un’ironia quasi grottesca che non guasta mai.
Una volta tra i ranghi, le attenzioni che dovremo rivolgere al demone non sono certo finite, anzi. Innanzitutto è importante imparare a gestire la linfa vitale che consente loro di rimanere materializzati nel mondo umano, la Magnetite: viene consumata per evocarli, curarli in apposite stanze, persino durante gli spostamenti nei dungeon, e la cifra da sborsare aumenta proporzionalmente alla potenza del demone in questione; una volta terminata, non potremo più chiamare rinforzi, e le unità già in campo perderanno energia fino a perdere i sensi, troncando praticamente di due terzi la potenza bellica del party. Sconfiggendo i nemici è possibile ottenerne in gran quantità, ma sono sufficienti un paio di morti di troppo per mettere in crisi le scorte, in particolar modo nelle fasi avanzate. In battaglia, il comportamento e le prestazioni dei demoni variano a seconda della loro personalità. Selezionando ‘GO’ dal menu li lasceremo agire come meglio credono, ma se vogliamo guadagnarci la loro fiducia dovremo impartirgli (o meno) ordini coerenti con la loro natura: i Kind ad esempio ripudiano il combattimento e si prodigano nell’aiutare i compagni di squadra, i Wild adorano menare le mani; gli Sly prediligono le arti magiche, i Calm analizzano razionalmente la situazione, optando per la soluzione migliore, a differenza dei Dumb, che usano mosse a caso con risultati discutibili. Partendo da questi archetipi, il giocatore può intervenire per guadagnare Loyalty e sbloccare il vero potenziale di ogni demone: un Kind molto legato a noi vincerà la sua paura per la lotta e non esiterà a farci da scudo con il suo corpo, i Wild infliggeranno più danni e accetteranno altri incarichi per il loro benefattore, gli Sly eseguiranno qualunque comando senza battere ciglio, a patto di ricevere un regalino di tanto in tanto; i Calm miglioreranno le loro azioni autonome prendendo esempio da noi, mentre i Dumb… resteranno tali! Viceversa, forzando la mano su un demone per costringerlo ad agire vedremo crollare rapidamente la sua stima nei nostri confronti, portandolo a rifiutare i comandi o peggio, abbandonare la squadra.
Detto questo, per quanto potremo affezionarci ai nostri prodi soldati, arriverà un momento in cui dovremo dirgli addio: le statistiche e le abilità di ogni demone sono infatti statiche, non potremo equipaggiarli in alcun modo e, cosa più importante, non saliranno di livello, ragion per cui diventeranno ben presto obsoleti e troppo deboli per sopravvivere a lungo. A questo punto avremo due opzioni: liberarli e fare posto ad un nuovo membro (potremo ospitare un numero fisso di demoni per volta e non sono presenti sistemi di storage), oppure fonderli tra loro per dar vita ad un nuovo essere, più potente. Potremo effettuare fusioni binarie o ternarie e parte delle skill verranno ereditate dal nuovo nato, che a sua volta potrà essere fuso con altri demoni, un ciclo infinito limitato dal solo livello del protagonista. Il processo è irreversibile, ma le “materie prime” sono facilmente reperibili e grossomodo tutti i demoni si possono fondere tra loro, per cui non sarà un problema darsi alle sperimentazioni in cerca del party perfetto. Considerati tutti questi accorgimenti, destreggiarsi nella campagna potrebbe sembrare una gran seccatura, eppure la pratica si rivela intuitiva e divertente, la mole di opzioni farà la felicità dei giocatori più smaliziati e la dolce curva di apprendimento permette di prendere confidenza con le meccaniche in tutta tranquillità, qualità che si sommano alle già solide fondamenta di gioco.
EHI 3DS, SEI TU? SICURO?
La versione 3DS di Soul Hackers riprende le aggiunte del porting PS1, quali feature inedite e una modalità New Game+, ed in più introduce un set non indifferente di migliorie, come tempi di caricamento ridotti, un frame rate più fluido, nuovi demoni, animazioni, personaggi, dungeon e dialoghi interamente doppiati in Inglese. Ironicamente, questa director’s cut di un classico dell’era 32 bit ha implicato un uso ridotto delle caratteristiche e dell’hardware della console Nintendo. Visivamente, per quanto lo stile old-school e la minuziosa pixel art si lascino ancora apprezzare, è evidente l’utilizzo di un motore grafico vecchio e poco performante per gli standard del 3DS, la stereoscopia è appena abbozzata, e tolta l’onnipresente mappa sullo schermo inferiore mancano elementi che possano ricondurre ad un software sviluppato appositamente per il portatile. Ciononostante, considerando le origini ed i trascorsi del titolo, non ci sentiamo di penalizzarlo per lacune di natura tecnica, specie se supportate da una formula di gioco di prim’ordine, che non conosce età. Da segnalare comunque l’ottima implementazione dello Street Pass, che consente di scambiare le monete accumulate per acquistare demoni ed evolvere l’adorabile Nemechi, la “mascotte” responsabile del negozio, così da poter usufruire di nuove reclute, tra cui alcune esclusive.
Buona la longevità, con una durata della storia che oscilla tra le 25 e le 30 ore, supportate da un ritmo non particolarmente vivace, ma sempre sostenuto, una rigiocabilità stuzzicata dai cambiamenti apportati nella seconda run ed un tasso di sfida equilibrato, più basso rispetto alla media del suo tempo, ma non certo delle attuali generazioni. A tal proposito, da touch screen è possibile richiamare una schermata di “hacking” del COMP, tramite la quale modificare il livello di difficoltà ed attivare diversi aiuti, come la funzione di auto-mapping, lo sblocco delle limitazioni relative alle affinità dei demoni e schede dettagliate dei nemici, così da poter adattare la complessità del titolo a seconda delle proprie esigenze (o della propria pazienza). Tra le opzioni, avremmo gradito poter ascoltare i dialoghi in lingua originale, ma anche il cast dell’adattamento occidentale fa la sua figura, salvo alcuni frangenti un filo drammatici dimenticabili, e l’audio in generale risulta pulito, anche con le cuffie. Scarna la scaletta musicale, con poche tracce degne di nota e parecchie che passano in sordina, tuttavia l’atmosfera tenebrosa ed alienante è resa benissimo, così come l’enfasi durante gli scontri. L’impostazione retrò rappresenta poi la ciliegina sulla torta.
Un classico degli anni '90 finalmente a portata di mano |
8 | Interfaccia macchinosa |
Battle system profondo e dalle molteplici applicazioni, dialoghi con i demoni inclusi | Tecnicamente i 16 anni trascorsi si sentono eccome | |
3DS poco sfruttato | ||
| HACKING THROUGH THE TIME | ||


