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Recensione
TESTATO SU PSVITA
2 settembre 2015, 14:20
The Bridge
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The Bridge – La chiave dell’anima

La mente umana è facile da ingannare. Basta un semplice cambio di prospettiva per aprire un mondo di possibilità ed ecco che il nostro cervello tenta di ricondurre testardamente la nuova informazione acquisita nella sicurezza di qualcosa che ci è familiare, qualcosa di conosciuto. C’è qualcosa di irrealmente bello nel voler a tutti i costi dare un senso a ciò che è surreale, magari mettendoci in discussione, cambiando opinione e punto di vista, pensando in modo creativo. The Bridge, mettendo alla prova la nostra logica, ci porta a fare proprio questo. È uno dei pochi titoli indipendenti che paiono senza tempo, intimo, introspettivo, in cui un semplice tratto d’inchiostro, così effimero, racchiude l’essenza stessa della vita. Il surreale diventa quotidiano, accompagnando l’allampanato protagonista nell’acquisizione di un nuovo grado di “illuminazione”, attraverso ambienti sbiaditi che sembrano partoriti da un’intelligenza contorta ed infelicemente decadente. Uscito qualche tempo fa su PC e Xbox 360 è da poco approdato su quasi tutti gli hardware della presente generazione, presentandosi ancora una volta in forma smagliante. Attenzione però, perché l’interessante opera di The Quantum Astrophysicists Guild necessita di pazienza, riflessione ed una buona dose di apertura mentale.

The Bridge logo

LA MIA ANIMA È UNA LACRIMA D’INCHIOSTRO

Una sorta di tragico decadentismo pervade ogni cosa. Gli occhi vitrei del nostro alter ego parlano da soli. Sono stanchi; riflettono il fatalismo di chi non ha più nulla per cui valga la pena continuare a respirare. Ciò nonostante, qualcosa (o meglio, qualcuno) lo spinge a svegliarsi dal torpore in cui era caduto e ad incamminarsi con passo greve verso casa. Quel qualcuno siamo noi che, scuotendo la console, facciamo cadere una mela dall’albero sotto il quale il povero infelice si era appisolato. Vi ricorda qualcosa? Secondo una leggenda, un altro “viaggio” verso la scoperta del nuovo iniziò proprio così.

I primi passi del nostro stanco scienziato senza nome servono, essenzialmente, per prendere confidenza con il peculiare ambiente di gioco, ossia l’unico, vero, protagonista del titolo. Per la bellezza e la caratterizzazione, infatti, ogni scenario ruba letteralmente la scena allo scienziato. Procediamo con ordine. A volerne minimizzare la bellezza, The Bridge si presenta, essenzialmente, come un puzzle game bidimensionale che sfrutta in modo peculiare non solo elementi di fisica come la gravità ed il principio di azione/reazione, ma anche regole più creative, che sfuggono ad ogni concetto a noi noto, in un tutt’uno che risulta inscindibile e ben amalgamato. Giunti nei pressi della dimora dell’innominato attore di questa tragedia, inizia – per così dire – l’avventura vera e propria, la quale si snoda attraverso diverse camere (in modo simile ad un altro indie, Braid) che rappresentano altrettanti enigmi da risolvere. Non esiste una vera e propria trama, tutto viene lasciato all’immaginazione del paziente giocatore, il quale si troverà a sbrogliare una matassa di problemi di logica sempre più complessi.

IL MONDO DIVENTA PIÙ VASTO QUANDO OGNI MURO È CALPESTABILE

Ogni stanza contiene un mondo a sé stante, governato da regole proprie ed ispirato all’immaginario di M. C. Escher, maestro indiscusso del surrealismo novecentesco. Le forme geometriche la fanno da padrone; spirali, sfere, quadrati infatti formano le superfici su cui si muoverà il pigro protagonista. O meglio, saranno più che altro queste superfici a “muoversi” attorno al protagonista. Nonostante gli enigmi proposti abbiano tutti come ultimo fine il raggiungimento di una chiave e l’apertura della porta che conduce alla stanza successiva, si presentano di difficoltà progressivamente crescente, in modo mai banale e, soprattutto, intellettualmente stimolante grazie ad un level design a dir poco sopraffino di cui parleremo a breve. Insomma, una merce più unica che rara oggigiorno.

Il gameplay, semplicistico nella sua impostazione generale, permette al giocatore di concentrarsi sulla risoluzione degli enigmi attraverso due piani distinti, premiando il ragionamento ed adattandosi perfettamente non solo alla compassata filosofia che permea il titolo ma anche alle caratteristiche dell’handheld Sony. Oltre al movimento dello scienziato, gli scenari possono essere ruotati di 360 gradi, a destra o a sinistra, tramite i dorsali, oppure sfruttando a dovere il giroscopio della console ed alcuni basilari principi di fisica. Ecco dunque che cambiando prospettiva, anche impercettibilmente, quello che sembrava un vicolo cieco o una soluzione impossibile, diventano improvvisamente chiari, reali e liberamente percorribile. Una colonna può tramutarsi in un comodo passaggio; una chiave intrappolata in una spirale può d’essere fatta scivolare fino ai piedi del nostro alter ego, una sfera che blocca il passaggio può esser fatta rotolare sino ad una sporgenza in cui non potrà nuocere e così via. In apertura accennavamo al fatto che la mente umana è facile da ingannare. Le soluzioni appariranno quando la coordinazione occhio/cervello riuscirà a trovare un equilibrio razionale. Tutto può diventare calpestabile, come ricordano le preziose perle di saggezza dispensate dal titolo. Prima di quel momento, l’unica via percorribile è quella dell’errore. Niente paura, perché il livello non dovrà ripartire dall’inizio, grazie alla funzione rewind, che permette di riavvolgere il tempo e tornare sui propri passi, mentre un’ombra d’inchiostro disegnerà la sagoma dello scienziato nel momento esatto della sua morte, aiutandoci in qualche modo a non ripetere gli stessi sbagli.

CAMMINARE ATTRAVERSO L’IMPOSSIBILE È PIÙ SEMPLICE DI QUANTO NON SEMBRI

Buona parte della riuscita di The Bridge si deve indubbiamente ad un level design geniale, che costruisce un livello di sfida per nulla banale o affossato da soluzioni stupide e scontate. La matita tratteggia e sfuma, tramite una palette cromatica basata su una scala di grigi quasi fossero delle litografie hand drawn, i contorni dei surreali ambienti di gioco e le contorte forme geometriche che sembrano opera diretta del già citato Escher. Qualcosa, però, potrebbe cambiare nuovamente, verso la fine dell’avventura. I colori si fanno finalmente spazio. Per quale motivo? Beh, questo lo dovrete scoprire da voi. I tratti a matita, comunque, assolvono anche ad un’altra funzione, più sottile. Ci ricordano che tutto è passeggero e può esser cancellato velocemente, senza lasciare alcun ricordo. Una sorta di memento mori, insomma. Il tragico fatalismo combatte costantemente con la forza della vita (resa con la tecnica dell’acquerello) la quale, alla fine, potrebbe prevalere. Forse. Purtroppo vi è una nota dolente ed è da ricercarsi nella scarsità di contenuti che portano il giocatore a concludere il percorso in una manciata di ore. Un vero peccato, dato anche il prezzo di partenza (9,99 €). Per il resto, la funzione cross save funziona a meraviglia e ci consente di riprendere in tutta tranquillità su PS4, magari con uno schermo più grande. Entrambe le versioni, comunque, fanno la loro gran bella figura, che sulla console ammiraglia di casa Sony è a 1080p.

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IN CONCLUSIONE
The Bridge è un titolo che non si limita ad essere un semplice puzzle game bidimensionale di un piccolo team indipendente. È un'esperienza complessa, racchiusa in un surreale guscio di fatalismo e decadente splendore. Una splendida direzione artistica, che fa il verso alle opere di M.C. Escher attraverso disegni hand drawn in chiaroscuro, supporta un gameplay semplice, immediato ma allo stesso tempo intimo e riflessivo. Tutto si basa sul modo in cui si guardano le cose. Cambiando la nostra prospettiva del mondo, le soluzioni appariranno chiare. Un concetto talmente elementare da risultare geniale. Il ritmo compassato e la formula "trial and error" fanno di The Bridge un titolo non per tutti. Serve pazienza e tranquillità. L'unica spigolatura del titolo è la cronica carenza di contenuti (non esattamente in linea con il prezzo proposto), che riescono a tenere impegnato il giocatore solamente per una manciata di ore. Nonostante questo, una piccola perla indie da provare.
Pro-1
Level design geniale
8.5
Contro-1
Non per tutti
Pro-2
Direzione artistica splendida
Contro-2
Soffre della scarsità di contenuti
Pro-3
Enigmi ben congegnati e mai banali
Tutta una questione di prospettiva
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