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Retro
20 agosto 2012, 20:10
Pikmin
Pikmin mobile

Pikmin

Nintendo Difference, è l’espressione con cui veniva incoronata ogni produzione della casa di Kyoto, e che fino alla scorsa generazione è riecheggiata con vigore in ogni console con il marchio della grande N. Oggi purtroppo la situazione è ben diversa, tra chi pensa ad ammassare poligoni e chi a progettare bilance per casalinghe; il giocatore medio neanche sa più cosa sia il vero videogioco, i titoli che davvero meritano restano sugli scaffali e i grandi capolavori del passato vengono dimenticati perchè obsoleti, vecchi, poco “hardcore”, o quello che vi pare. Tra pochi mesi, come ormai anche gli acari sotto il mio letto sapranno, uscirà Wii U, assieme a un brand vagamente familiare, Pikmin. I giocatori con qualche anno sulle spalle avranno sicuramente esultato al suo annuncio un paio di E3 fa (io di sicuro ndr), ma spulciando come da consuetudine tra i feed dei trailer sul web capita frequentemente di imbattersi in figuri che reputano questo gioco “infantile”, il ché fa riflettere. Le cose sono due: o lor signori non hanno mai giocato Pikmin, o più semplicemente non capiscono un’emerita cippa di videogiochi. Ragion per cui, un pò per orgoglio, un pò per lasciarsi andare a dolci ricordi, ma soprattutto per farvi conoscere questa piccola (in tutti i sensi) perla, oggi vi parlerò di Pikmin, tra i pochi titoli ad aver realmente segnato la mia infanzia nonché uno dei tanti capolavori di una console che non è mai riuscita ad imporsi nonostante i suoi innumerevoli pregi.


UN BEAR GRYLLS TRA LE STELLE

Olimar è l’unico dipendente di una ditta di consegne sul pianeta Hocotate. Assieme alla sua Dolphin viaggia tra le stelle commerciando con le altre galassie, quando un giorno un asteroide colpisce la sua astronave, facendola precipitare in fiamme su un pianeta sconosciuto. Smarrito, senza sistemi di comunicazione e solo lo scafo del suo mezzo, ormai un rottame, il paffuto astronauta inizia a vagare senza meta in quella che sembra una landa disabitata. Ma la sua solitudine è destinata a durare poco, dato che vicino al luogo dell’impatto incontra uno strano vegetale, simile ad un bulbo, che guizza fuori dal terreno non appena il protagonista gli si avvicina, rilasciando dalla sua sommità un seme, che germoglia nell’arco di pochi secondi. Incuriosito dallo strano fenomeno, Olimar sradica la fogliolina pulsante, rivelando una creatura ibrida tra una forma di vita animale e una vegetale, che il protagonista chiamerà Pikmin, dalle carote Pik-Pik che tanto adora. Caso vuole che il neonato riconosca in Olimar un leader (o una figura paterna), obbedendo senza battere ciglio ad ogni comando impartitogli.

I Pikmin sono creature affascinanti: si riproducono trasportando sostanze nutritive alla loro “nave madre” (o Cipolla), presentano un comportamento gregario e contano l’uno sull’altro per sopravvivere, sono instancabili lavoratori, feroci guerrieri, si evolvono dallo stato di foglia a fiore per sviluppare le loro abilità motorie e ne esistono diverse specie (3 in questo primo capitolo), ognuna con proprietà esclusive a seconda del colore…Ma i Pikmin sono allo stesso tempo inoffensivi se presi singolarmente, e non sembrano avere la benché minima capacità di organizzazione se non attendere passivi in qualche angolo o attaccar briga con qualunque mostro nelle vicinanze. Toccherà quindi a Olimar (il giocatore) gestire la situazione, usando strategicamente ogni membro del suo “esercito”, al fine di salvaguardare la specie e farla proliferare, eliminando ogni forma di vita ostile e recuperando i pezzi della Dolphin necessari a lasciare l’atmosfera del pianeta prima dello scadere dei 30 giorni, che segnano lo scadere del supporto vitale. I Pikmin non possono vivere senza di Olimar, e lui senza di loro, andando così a creare un legame inscindibile che coinvolgerà anche il disgraziato dietro lo schermo, che tra coccinelle infami e getti di fiamme barbini non potrà non affezionarsi ai minuscoli esserini, rammaricandosi di ogni caduto in battaglia e gioendo di ogni trionfo.

PICCOLO MONDO, GRANDI AVVENTURE

Pikmin nasce dalla geniale mente di sensei Miyamoto, e si schiude tra la line-up iniziale del GameCube. L’idea alla base del progetto è semplice: traghettare il genere RTS su console casalinga e reinventarne le linee guida grazie allo stile inimitabile di Nintendo. Il tutto si traduce in uno strategico ottimizzato alla perfezione con le possibilità offerta da un pad rispetto a mouse e tastiera, in una chiave di lettura nuova rispetto ai soliti campi di battaglia, con immensi giardini popolati da improbabili creature simili ad insetti, impegnativo, originale, vario e stilisticamente di tutt’altro pianeta per i suoi tempi. Rigiocato oggi non si può che tessere le lodi di un prodotto che, nonostante non farà scardinare la mascella per riflessi dinamici o texture in HD, presenta quel tocco inconfondibile che una vera pietra miliare del panorama videoludico ha, a differenza dei soliti botteghini ultra-pompati: colpisce al primo sguardo, diverte con poco, dà filo da torcere senza frustrare, ripaga gli sforzi, si lascia giocare per ore senza venire a noia, sorprende senza risultare pretestuoso, spiazza rinnovandosi di continuo…Per un gioco del 2001 e della durata di appena una decina di ore ciò può suonare strano, ma a Pikmin non servono parole vuote o freddi dati tecnici per stupire, gli bastano i fatti, quelli di un gameplay scolpito in uno stampo cubico di pura passione e un carisma micidiale, che ancora fa salire lungo la schiena intensi brividi al solo ricordo della prima sessione.

Con questo voglio dire che Pikmin è un gioco perfetto? No, ci mancherebbe altro. Eppure perché anche dopo l’ennesima strage siamo ancora lì con il pad in mano a studiare una strategia? in giro per la mappa in cerca di superstiti dopo l’immancabile smarrimento di fine giornata, anziché pensare al bene comune? impassibili davanti ad un comando mal interpretato eppure quasi ipnotizzati dal mormorio in loop dei Pikmin? furibondi a seguito di un colpo basso e dopo 5 minuti dopo intenti a ridacchiare come se nulla fosse successo? Starò esagerando? Forse, ma come mai dopo 10 anni queste emozioni non sono cambiate? Il tempo sembra quasi essersi congelato dall’ultima scorribanda a caccia di quell’ultimo, sfuggente tesoro, il Bulbico Imperiale era ancora lì ad aspettarmi, i miei Pikmin beoti e adorabili come al solito, e tutto è ripreso a scorrere una volta inserito il disco nella console. I suoi limiti tecnici appaiono evidenti, anche a livello di gameplay sono stati fatti passi da gigante (soprattutto se messo a confronto con il suo seguito), ma quella magia che lo avvolge non sembra essere svanita, e via per un altro tour.

L’UNIONE FA LA FORZA

Parlandone più in dettaglio, Pikmin è uno strategico in tempo reale “di massa”. Come già detto l’obiettivo ultimo del gioco è recuperare entro 30 giorni (ognuno della durata di una ventina di minuti) i pezzi dell’astronave necessari al decollo, ma il compito non è affatto semplice, in quanto i livelli studiati da Nintendo traboccano di barriere architettoniche, mostri nascosti nei punti più improbabili e altre minacce che possono decimare il proprio esercito in un’istante. I Pikmin normalmente attendono ordini immobili, ma una volta richiamati con il fischietto di Olimar lo seguiranno fedelmente in ogni suo spostamento (anche a costo di suicidarsi nella maniere più fantasiose). A questo punto per “attivarli”, il giocatore non dovrà fare altro che lanciarli (letteralmente) nel punto indicato dal cursore, o guidarli tutti in una volta ricorrendo al C-Stick (emettendo una fanfara piuttosto spassosa), al resto penserà l’IA (limitata ma funzionale) dei lillipuziani multicolor.

Si possono avere sul campo un massimo di 100 Pikmin, ma se girare con un manipolo immenso può infondere sicurezza, per gestire al meglio le risorse (ma soprattutto il poco tempo a disposizione) diventerà imperativo imparare a suddividere le proprie truppe e inviarle nei punti d’interesse, monitorando regolarmente la situazione con il radar essendo fisicamente impossibile supervisionare di persona ogni squadra all’opera. I Pikmin rossi sono resistenti al fuoco e presentano alti valori di attacco, i gialli possono trasportare esplosivi ed essere lanciati ad altezze vertiginose, mentre i blu possono muoversi agilmente in acqua e soccorrere gli altri colori in procinto di annegare, ma tutti insieme possono distruggere muretti, costruire ponti, trasportare oggetti e, ovviamente, combattere. Il sistema di controllo e l’interfaccia sono intuitivi e il tutto viene spiegato in maniera chiara e completa, impartire ordini e cominciare a controllare il territorio è questione di un attimo, tranne per un elemento: un bestiario tra i più crudeli che si possa immaginare, tra tarli che sbucano dal terreno divorando Pikmin e strutture, Coleti talmente affamati da sbranare mezzo mondo prima di andare al tappeto, rane ansiose di spiaccicarvi, dirigibili biologici con uragani incorporati, ragni a mo di palafitta che si schiantano dalla stratosfera a tradimento, e non dimentichiamo un boss finale così coriaceo da richiedere un giorno intero di assedio e un numero esorbitante di sacrifici…Ce n’è per tutti i gusti, e il design stravagante va di pari passo con la loro carica distruttiva. Ecco perchè se non si vuole incappare in sgradite sorprese diventa importante mantenere un basso profilo, ponderando ogni movimento e azione, perché non si ha mai la certezza di essere completamente al sicuro, non tanto i Pikmin quanto Olimar, il quale una volta sconfitto costerà il termine immediato del giorno corrente e la morte di tutte le unità in campo, alquanto spiacevole se considerato che rinfoltire le file è un processo piuttosto lento. Una vera goduria insomma per gli amanti delle sfide, l’unico a rimetterci è il proprio fegato.

Che altro dire? Il motore grafico del gioco ancora si lascia apprezzare grazie al level design eccellente e l’ottima caratterizzazione dei modelli poligonali, ogni location gode di una colonna sonora di grande atmosfera, il campionario di effetti sonori è uno dei migliori che il mio orecchio possa ricordare, e la longevità, per quanto ridotta dal limite dei 30 giorni, oltre che scandita alla perfezione può essere prolungata per scoprire i vari finali alternativi (a seconda del numero di parti raccolte e del tempo impiegato)  e diversi boss segreti, nascosti negli angoli più remoti del pianeta in determinati periodi. Meraviglioso.

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IN CONCLUSIONE

Pikmin è il classico titolo che ogni collezionista dovrebbe possedere. La versione NPC per Wii è un ottimo investimento, ma l’originale per Cubo resta inarrivabile, e rappresenta appieno il potenziale di una piattaforma che avrebbe potuto dettare legge, ma non ne è stata in grado a causa dello scarso successo commerciale. In apertura di parlava di Nintendo Difference, e Pikmin ne è un palese esempio, e dimostra la classe di Nintendo nel riuscire sempre (almeno in passato) a riscrivere da zero le fondamenta di generi inflazionati e creare qualcosa di nuovo, originale, innovativo. Pikmin è un gioco particolare, forse poco elogiato rispetto ai first party mainstream di Nintendo, ma dai quali non deve assolutamente sentirsi oscurato, ed ha finalmente una nuova occasione per soffiare la scena dai riflettori quest’inverno, segnando il debutto di una nuova console come fece il primo capitolo 11 anni fa. E nell’attesa non è certo una cattiva idea riscoprire le origini di uno dei brand più affascinanti di Mamma N. I Pikmin sono così adorabili, innamorarsi di loro è questione di un attimo, ma non fidatevi troppo di loro: vivono in un mondo tutt’altro che gentile con voi, o “infantile” che dir si voglia

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