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Retro
14 maggio 2012, 15:45
Yoshi’s Island
Yoshi’s Island mobile

Yoshi’s Island

Quello del tramonto mitico del Super Nintendo è  uno dei capitoli tra i più fecondi della storia dei videogiochi. Grazie a un catalogo di titoli irripetibile, la piattaforma 16-bit ha goduto di un periodo argenteo eccezionale, una terza giovinezza, se così si può dire, fino al momento inevitabile del ritiro della console dagli scaffali dei negozi di elettronica e giocattoli. Come non ricordare la serie Country di Donkey Kong prodotta da RARE, i capolavori di Squaresoft vera e propria Dreamworks di silicio orientale, le Killer Application di CAPCOM, Enix, LucasArts, Konami, Namco,  Shiny Entertainment, Bandai (destinate, fatta eccezione Rareware, a saltare sul carro di una Sony vincitrice da lì a poco). E Nintendo, già impegnata nella progettazione dell’incompreso Nintendo 64, non stava di certo a guardare.

Una cicogna e il suo fagotto

MAKE EGGS, THROW EGGS

Si può pensare a uno Shigeru Miyamoto preoccupato nel vedere sgomitare i talentuosi ragazzi di RARE, sviluppatori allevati da Big N stessa. Guai all’allievo che non superi il maestro, diceva, se non mi tradisce la memoria, Leonardo da Vinci. E invece il team EAD guidato dal papà di Mario e Zelda stupì ancora tutti con  Super Mario World 2: Yoshi’s Island, pubblicato nel 1995 per la console Super Nintendo Entertainment System, prequel dell’intera saga di Super Mario Bros. e, cosa più importante, titolo spettacolare dove l’impronta di Miyamoto-san risulta evidentissima.

Alcuni nemici, si sa,  sono destinanti ad essere tali sin dalla più tenera età. E questo è valido anche per i nostri Mario e Bowser, ancestrali rivali, ancor prima dei ripetuti tentativi di rapimento perpetuati da Bowser ai danni della bella principessa Peach. Ma se il nostro Bowser era ancora troppo piccolo e  non  poteva di certo ordire alcun piano malvagio, lo stregone Kamek è già al corrente che due fagotti, i quali contengono Baby Mario e Baby Luigi, sono da intercettare assolutamente, perché i due neonati, in futuro, rovineranno tutti i piani del suo padrone, Bowser appunto. Viene attaccata la malcapitata cicogna, Baby Luigi rapito e Mario e una mappa che apparteneva al volatile… piombano nell’Isola di Yoshi. Così l’introduzione, il resto è l’ultimo grande gioco di piattaforme per Super Nintendo.

Attenti a quel Categnaccio

TUTTO PER YOSHI

Raccogliere le monete di vari colori, le stelline, le margherite, saltare le piattaforme ascendenti, discendenti, rotanti, entrare nei tubi, fare rotolare i massi, saltare sui massi che rotolano, raggiungere le sporgenze più alte, schivare le piante carnivore, mangiare i nemici, ingoiare i cocomeri sparsi qua e là, sputare i semi di cocomero ingurgitati,  covare le uova, lanciare le uova, usare le uova per colpire e mirare a ciò che non è raggiungibile senza un abile tiro di uovo, affrontare i mostri delle paludi, quelli fatti di lava, superare indenni i castelli stregati, i boss di fine livello, a volte enormi e animati dai muscoli di uno SNES ormai sfruttato al massimo. Tutto moltiplicato per 6 mondi da 8 livelli ciascuno, più bonus. Questo è Yoshi’s Island.

Leitmotiv del titolo è questo: prendersi cura di  Baby Mario. Il  piccolo ancora inerme, infatti, sta seduto in groppa ai teneri e colorati Yoshi che di volta in volta cercheranno di portare l’idraulico in fasce fin dalla mamma. Subire un colpo significherà perdere Mario e doverlo recuperare nello stretto di giro di una manciata di secondi, pena l’arrivo degli scagnozzi di Kamek che rapiranno il nostro baby eroe e niente Regno dei Funghi,  Peach non verrà mai salvata da nessuno e così via. Se le basi del gioco sono da considerarsi piuttosto classiche, infatti si potrà sempre balzare sugli Shy-Guy o in testa alle varie declinazioni delle truppe dei Koopa per sconfiggerli e, fare tutte quelle cose tipiche della serie dei titoli di Mario in 2D e dei platform più in generale,  più o meno catalogate qui sopra, Yoshi’s Island viene arricchito dalle trovate geniali di un Miyamoto in gran spolvero e da una progettazione dei livelli straordinaria, che rede questo titolo originale, frenetico, fresco.

I cocomeri che daranno nuove abilità agli Yoshi, l’astuzia calcolata nei ripetuti lanci di uova gestita dai tasti dorsali che furono introdotti per la prima volta sul Pad del Super Nintendo in combinazione con un rapido mirino che indicherà la direzione del tiro, la disposizione delle piattaforme dei terribili percorsi sospesi, talvolta davvero pazzeschi, gli scenari zeppi di segreti da scoprire e i luoghi inaccessibili alla prima battuta, sono il marchio di fabbrica della osannata Nintendo Difference, di cui il titolo è altissimo esponente. Su tutto un comparto tecnico meraviglioso, spensierato, che negli anni della Silicon Graphics riusciva con ingegno e talento artistico nell’impresa ardua di non impallidire nel confronto con Donkey Kong Country, grazie a una quarantina di livelli d’autore, caratterizzati dalle tinte pastello e da un tratto fiabesco mai più ripetuto, un accostamento di pixel e scelte cromatiche geniale, soffici, accompagnate con la grazia di alcune delle canzonette tipiche e dalle musiche orchestrali classiche meglio riuscite al grande Koji Kondo, il compositore dei temi universalmente più noti della Grande N.

E bisognerebbe ancora parlare delle trasformazioni di Yoshi, degli enormi boss di fine livello, degli inserti poligonali animati dal chip 3D Super  FX del Super Nintendo, così bene amalgamati allo spettacolare scenario fatto d’acquarello e di nuvole colorate; ma lascio a voi il piacere di riscoprire questo grande piccolo capolavoro.

Uno SNES al tramonto e che tramonto!

IN CONCLUSIONE

Diversamente da quanto pensavo in passato e, contrariamente al verbo di Kyoto,  da qualche tempo sono attratto dalla magnificenza grafica della generazione attuale, vera e propria tela bianca a disposizione della creatività degli sviluppatori. Poi, con il fine esclusivo di scrivere questo articolo, ho ripreso il mio Game Boy Advance SP e la riedizione del titolo uscita nel 2002  (mi sembrava eccessivo montare il mio prezioso SNES che sta bene nella scatola dove sta). Ho constatato con immensa gioia che la piccola console a conchiglia funziona ancora e che è molto meglio di qualsiasi Nintendo DS o 3DS , ma questa è un’altra storia, ho inserito la cartuccia, ho acceso il gioco regalatomi da un caro amico per il mio compleanno di qualche anno fa, cum adhuc capillatus essem.

Ho guardato l’introduzione per intero, già rapito dalle prime note, mi sono ricordato dei pomeriggi nel salotto della nonna con il mio fiammante Super Nintendo attaccato alla televisione a tubo catodico, nera, il comando universale perché quello originale si era rotto. Ho affrontato qualche livello divertentissimo, difficile, entusiasmante; ancora a distanza di anni questo gioco è forse il migliore titolo di Mario, almeno in 2 dimensioni. Davvero, se amate Nintendo, giocate questo Yoshi’s Island.

Bisogna ammettere, in chiusura, che i meriti di Super Mario World 2: Yoshi’s Island vennero riconosciuti anche all’epoca e il gioco fu premiato da una serie di recensioni più che positive, talvolta entusiaste come quella di oggi e da approfondimenti meritatissimi, quali guide che ne svelavano tutti i numerosi segreti e le strategie adatte a finire il titolo al 100%. E giustamente perché titoli di questo tipo vengono rilasciati di rado e forse al  giorno d’oggi non possono più essere prodotti, perché il mercato, noi, Nintendo, Miyamoto, siamo inevitabilmente cambiati, cresciuti. E se pensiamo che, nello stesso periodo, il primo team di EAD aveva iniziato i lavori per niente meno che sua maestà Super Mario 64… Faccio ancora un paio di livelli poi smetto.

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