Wave Race 64
Il Nintendo 64 ha avuto una storia controversa, che si tradusse in un parco titoli limitato e un successo a livello commerciale relativamente inferiore rispetto ai suoi predecessori. Ciononostante, le sue esclusive non hanno nulla da invidiare agli altri sistemi della casa di Kyoto, e molte di loro tutt’ora sono considerate pietre miliari della storia dei videogiochi. E’ un peccato dunque che molte delle sue IP siano andate smarrite nel corso degli anni.
Sconosciuti ai videogiocatori più giovani e apparentemente dimenticati dalla stessa software house, ai classici Super Mario 64 e Ocarina of Time si affiancarono dozzine di titoli che ogni videogiocatore dovrebbe conoscere e provare almeno una volta della vita, e il protagonista della rubrica retro di oggi è proprio uno di questi. Diamo il benvenuto a Wave Race 64, racing game a base di acqua scooter sviluppato da Shigeru Miyamoto-sensei in persona, nonché uno dei primissimi giochi del sottoscritto e tra i suoi preferiti da 15 anni a questa parte.
SULLA CRESTA DELL’ONDARilasciato nel 1996 su un Nintendo 64 ancora fresco di fabbrica, Wave Race 64 è il sequel di Wave Race, titolo analogo per il primo Game Boy, ma relativamente sconosciuto rispetto al suo “fratellone”, divenuto in breve tempo un best seller. E a buon ragione mi sovviene da aggiungere. E’ sorprendente constatare cosa sia stato possibile realizzare utilizzando appena due tasti e neanche la piena potenza della macchina di origine (secondo la stessa Nintendo il gioco sfruttava appena l’80% delle risorse offerte dalla console).
Wave Race 64 è un titolo arcade, è come tale è caratterizzato da una struttura snella e una grande cura dei contenuti, piuttosto che della loro mera quantità. Un cristallino oceano tropicale, accompagnato dal logo del gioco e il bellissimo tema principale (un quadro scolpito nel mio cuore ancora oggi), apre le porte del menù di selezione. Le modalità presenti, quattro in tutto, non discostano molto dai canoni del genere: abbiamo il classico Campionato, composto da tre coppe di intensità crescente (più una quarta bonus con i tracciati al contrario), il Time Trials, lo Stunt (una sorta di Score Attack che approfondiremo in seguito) e il multigiocatore in split-screen per due. Il roster è composto a sua volta da quattro piloti, ognuno con particolari caratteristiche: Ryota Ayami, veloce e dai parametri equilibrati, Ayumi Stewart, che rimarca la sua lentezza con accelerazione e manovrabilità di prim’ordine, ideale per le acrobazie, Miles Jeter, dotato di una sterzata micidiale ma anche una forte tendenza a perdere l’equilibrio, e Dave Mariner, un vero e proprio tank, lento a ingranare, granitico in curva, ma inarrestabile una volta raggiunta la velocità massima, senza contare la forte resistenza agli urti. Durante la selezione è inoltre possibile effettuare un’ulteriore messa a punto in modo da ottimizzare le prestazioni del mezzo a seconda dei gusti del giocatore. Pochi, ma buoni se consideriamo l’ottimo bilanciamento.
Stesso discorso per i tracciati, otto includendo anche il Dolphin Park usato nei warm-up, che deliziano gli occhi dello spettatore e mettono in mostra i muscoli del N64, merito di una direzione artistica encomiabile che ha saputo fondere design ricercati a location suggestive in un tripudio di luci e colori. Si passa dagli assolati rettilinei del Sunny Beach al memorabile tramonto della Sunset Bay, fino al tenue fluire del fiume avvolto dagli alberi e dalla nebbia del Drake Lake, per poi riprendere con la roccaforte in balia delle onde di Marine Fortress, i tunnel serpeggianti tra enormi navi da cargo di Port Blue, lo sfavillio al chiar di luna di Twilight City, gli scivolosi saliscendi di puro ghiaccio di Glacier Coast, e a chiudere le infide secche irte di ostacoli della Southern Island. Riviste oggi dopo l’enorme progresso tecnologico forse non riescono più a stupire come una volta, ma per i tempi che furono erano davvero spettacolari, tanto che anche dopo averle percorso dozzine di volte la noia è un opzione remota.
La caratteristica più evidente dei circuiti di Wave Race 64 è la loro ampiezza. Buona parte del tempo lo si passa infatti sfrecciando lungo zone costiere, delimitate solo da galleggianti molto distanti dalla riva, ma la pratica non è così semplice come sembra. Durante la gara sarà infatti necessario muoversi seguendo le istruzioni fornite dalle boe piazzate lungo il percorso (un pò come negli sci): quelle gialle segnalano di passare a sinistra, quelle rosse a destra (le gigantesche frecce colorate sono abbastanza eloquenti). Non importa quanto lontano le si oltrepassi, l’importante è imboccare la direzione giusta, perché commessi cinque errori si verrà squalificati, nessuna eccezione. Non solo, le boe determinano anche la velocità massima del proprio mezzo, indicata in basso dalle icone lampeggianti. Passarne una correttamente equivale a guadagnare “una tacca”, un leggero incremento delle prestazioni, e così via fino a raggiungere il picco della potenza, ma sbagliarne anche solo una comporterà la perdita di tutti gli upgrade, un fattore da non sottovalutare. Progredendo nel gioco, e cimentandosi quindi con i livelli di difficoltà più elevati, l’ubicazione delle boe diventerà via via più impervia, costringendo a uno slalom sempre più sinuoso, inoltre aumenteranno il numero minimo di punti richiesto per poter avanzare, la quantità di “minacce ambientali” e l’intelligenza artificiale degli avversari. Questi, considerato l’anno di produzione e il genere del titolo, sono davvero molto realistici: il loro comportamento varia a seconda del mezzo e della situazione, possono compiere errori, anche i più stupidi e nei momenti peggiori, e non sembrano patire quel fastidioso effetto elastico che affliggeva (e affligge tutt’ora in alcuni casi) molti racing game, comportando un’esperienza molto più meccanica e monotona. In WR sfida e divertimento si legano alla perfezione, rendendo ogni gara, che sia perfetta o funestata da grossolani errori, godibile e appassionante, merito anche del sistema di guida atipico.
Manovrare un acqua scooter non è come guidare un auto o una moto: i tempi di risposta sono dilatati, i movimenti più morbidi, e si è continuamente sballottati dalle onde come foglie alla deriva. Più che “correre” sembra di pattinare in effetti, ogni azione va eseguita con qualche attimo di anticipo, basta una leggera inclinazione per spostare tutto il peso da una parte e anche l’urto leggero può sbalzare il pilota, facendo perdere secondi preziosi…occorre pratica per metabolizzare ogni elemento, ma la soddisfazione di tagliare il traguardo per primi dopo una condotta immacolata è indescrivibile, e l’ergonomico pad del N64 si rivela come al solito eccellente nell’offrire un’esperienza confortevole e soddisfacente. A questo si aggiungono i trick eseguibili con semplici rotazioni del control stick. Ne esistono diversi, e la loro spettacolarità torna utile tanto in gara, potendo tagliare lungo scorciatoie più o meno segnalate, quanto nell’apposita Stunt Mode. Questa modalità prevede di gareggiare sui circuiti già affrontati in precedenza nel campionato, attrezzati per l’occasione con rampe e anelli da amalgamare ai trick in modo da ottenere il punteggio maggiore e scalare le classifiche. Si gareggia da soli e ovviamente non c’è modo di condividere i propri risultati, ma il sistema di punteggio appagante e le tante applicazione possibili regalano svariate ore a caccia del record perfetto, come in ogni arcade che si rispetti.
DAT WATER!Normalmente nelle nostre rubriche retro non ci soffermiamo troppo sul lato tecnico dei titoli trattati, perché…beh, sono “vecchi”, possiamo decantarne le lodi quanto vogliamo su un impatto visivo stordente per la loro epoca, ma oggi difficilmente riescono a stupire, se non grazie a una concezione stilistica fuori parametro. Eppure Wave Race 64 su un banale tubo catodico riesce a sorprendere. Ma a farlo non sono le texture o la modellazione poligonale, su cui il peso degli anni è evidente, bensì la realizzazione dell’acqua, in ogni suo aspetto. Partiamo da un presupposto: adoro l’acqua, intesa come elemento, ecco perché presto particolare attenzione a questo dettaglio nei giochi,indipendentemente dalla sua importanza ai fini del gameplay.
Tra console in alta definizione e PC ormai più efficienti dello stesso mondo che ci circonda (toh, un pò di aliasing sulla mia spalla ndr) quasi si sfiora il fotorealismo, eppure WR nella sua relativa semplicità riesce ancora a dire la sua, merito di uno sviluppo mirato e sapiente. Sul serio, Il motore fisico che sostiene l’intera struttura è qualcosa si superlativo, anche ora. L’infrangersi delle onde sull’acqua scooter, la resistenza esercitata in base alla velocità e l’inclinazione, l’andamento delle maree, persino il semplice galleggiare, tutto è stato riprodotto alla grande e senza sbavature. L’unica pecca, se così si può definire, è la natura scriptata dei vari fenomeni, ma penso fosse impossibile realizzare un generatore casuale su una superficie così vasta e pretendere che la console lo supportasse senza grane (forse il 64DD avrebbe potuto, chissà). Ad ogni modo, non è che una goccia nell’oceano (perdonate il gioco di parole ndr) di bontà offerto dal titolo Nintendo, e all’ottima resa visiva non dimentichiamo una colonna sonora in grado di enfatizzare le già ottime atmosfere con brani assolutamente indimenticabili.
Wave Race 64 è un piccolo capolavoro e sicuramente il capitolo migliore per avvicinarsi a questa saga, poiché il prequel per GB, per via delle limitazioni hardware, non può ambire a offrire un’esperienza neanche lontanamente paragonabile, mentre il Blue Storm che accompagnò il lancio del GC, nonostante i tanti rimandi e un gameplay pressoché immutato, si perde a metà strada a causa di un’impostazione più chiassosa e ignorante, perdendo nel colpo d’occhio e mancando di infondere quel puro piacere ludico che va a braccetto con la versione N64. Versione che, come da tradizione N, riesce a coinvolgere e divertire senza troppe pretese, merito di una realizzazione encomiabile che avvolge il giocatore permettendogli di assaporare ogni aspetto di gioco, una sinestesia senza pari, almeno per un racing game.
Sarò di parte, ma avere un Nintendo 64 e non conoscere questa perla è un crimine, e poco importa se recuperare una cartuccia originale è un’ardua impresa, si può sempre ripiegare sulla Virtual Console del Wii, ottimo compromesso per situazioni del genere. Nel corpo dell’articolo ho più volte ribadito come il titolo Nintendo abbia retto lo scorrere incessante del tempo e le continue innovazioni a livello tecnologico, che avrebbero dovuto teoricamente eclissarne le prestazioni; e se gli standard odierni rappresentassero il terreno ideale per la rinascita di questa IP rimasta sepolta negli annali videoludici da più di 10 anni? Non sarebbe mica male (sì, parlo con te Wii U ndr). Chiudiamo questa sognante parentesi nella speranza che il futuro non sia tutto piombo e poligoni. Dal vostro JacopoED64 è tutto, al prossimo appuntamento con la nostra rubrica retro!


