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3 giugno 2013, 12:45
The Typing Of The Dead | What We Lost?
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The Typing Of The Dead | What We Lost?

Puntate un cabinato di The House of the Dead 2, prendete le pistole di plastica colorata che tanto hanno reso celebre il brand e sostituitele con due voluminose tastiere QWERTY: cosa avete ottenuto? The Typing of the Dead, geniale “remake” del secondo capitolo del rail shooter made in Sega a base di zombie e mostri assortiti. Il gioco vide la luce nella sale giochi giapponesi del 1999 e negli anni a venire ricevette una conversione per il mercato PC e console, più precisamente Dreamcast e PS2, ovviamente vendute in bundle con una versione da salotto della tastiera utilizzata nell’arcade. Acclamato dalla critica per la sua comicità demenziale, buon tasso di sfida e originalità (figura regolarmente nelle classifiche dedicate ai titoli più strambi di sempre), approdò in Nord America a breve distanza dal Giappone, ma mai in Europa; peccato, ci siamo persi l’ennesima perla. Tempo di riscoprirlo, con WWL?

NEVER EAT SOUR WORMS

Essenzialmente, tolto lo strambo sistema di controllo e il bizzarro equipaggiamento dei protagonisti, che oltre a uccidere zombie a colpi di tastiera portano sulle spalle un enorme zaino a forma di DC (ne vogliamo uno anche noi NdR), The Typing of the Dead è identico a The House of the Dead 2, tanto che potremo definirlo quasi una parodia, ipotesi accreditata dalla presenza di due finali “alternativi” extra, completamente nonsense (con il cattivo che si bulla del giocatore scampando alla morte con un elastico da bungee jumping o volando via a mo di Superman) e dalle armi impugnate da alcuni nemici sostituite con banane o sturalavandini; per il resto lo sviluppo della trama, il pessimo (ma esilarante) doppiaggio, il motore grafico (mai aggiornato, neanche su PC), e persino gli script sono i medesimi dell’originale del ’98. Ma se da un lato possiamo provare l’ebbrezza di sterminare non-morti brandendo una pistola, dall’altra sembriamo degli scrittori in preda a deliri mistici. Normalmente per far fuori uno zombie bastano 3-4 proiettili nei punti giusti, mentre in The Typing of the Dead dovremo fare affidamento sulle nostra abilità di dattilografi, digitando i caratteri che faranno capolino nelle vignette sullo schermo: in caso di oggetti lanciati o nemici sbucati all’improvviso sarà questione di un solo carattere, parole o brevi sentenze (con tanto di punteggiatura) per gli zombie classici, fino a intere frasi di senso (in)compiuto o domande random per boss e mid-boss; più saremo lesti, migliore sarà la valutazione e i punti guadagnati, in caso contrario addio a una vita o al civile in pericolo di turno. Piccola curiosità: l’epilogo varierà a seconda del nostro grado di “onestà” nel rispondere alle questioni poste durante le boss fight, e ovviamente è con le scemenze che si otterrà la sequenza finale migliore (quella canonica? Ma anche no!).

L’impostazione arcade ereditata dal genitore garantisce al titolo Sega un ritmo frenetico e martellante: la campagna è piuttosto breve, in linea con il genere, ma non c’è mai un attimo di tregua, e ben poco spazio per distrazioni. Usare la tastiera come strumento di morte è piuttosto alienante, anche per i vicini di stanza, che per ore non odono altro che un ticchettio convulso e incessante, però è uno spasso, un’esperienza genuinamente divertente, sia per il suo stile unico, sia per il campionario di frasi da oscar, che alterna nonsense nella sua forma più pura a sequenze facilmente fraintendibili o collegate da un filo invisibile, tanto che è possibile mettersi a canticchiare sulle note dei bersagli da trascrivere… E formare oscuri messaggi lasciati forse dagli sviluppatori (dopo un trip d’acidi s’intende!). E come non sorridere ogni volta che i personaggi aprono bocca? Secondo noi i doppiatori sono stati pagati per recitare male, non c’è altra spiegazione, non è possibile che ogni dialogo sembri uscito fuori da un live action degli anni ’80, fanno troppo schifo: motivo per cui li adoriamo. Da soli è un passatempo fugace ma impagabile, tuttavia in presenza di un amico altrettanto fuori di testa con cui condividere lo schermo The Typing of the Dead mette in scena la modalità cooperativa definitiva per gli sparatutto su rotaia: chi digita l’intera vignetta per primo ottiene punti, ma potete ben immaginare che l’argomento principale di discussione non saranno le kill sottratte a tradimento. Sublime.

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IN CONCLUSIONE

The Typing of the Dead è un capolavoro del trash videoludico, un’opera d’arte (moderna) che numerosi giocatori ancora ignorano, e non dovrebbero, nessuno dovrebbe. E’ un titolo da provare, troppo singolare per poterlo trasmettere con mezzi convenzionali, troppo sopra le righe per essere messo a confronto con produzioni simili: è The House of the Dead 2 nell’aspetto, ma offre un’esperienza completamente diversa, fonda il proprio successo su ben altri criteri, risulta persino difficile classificarlo come shooter, e allora perché darsi tante pene per recuperare qualcosa di così bizzarro? Nonsense, non-morti, agenti armati di tastiere giganti ed epicità audio-visiva (per i motivi sbagliati)… Serve altro? E’ un pezzo raro, ma in giro si trova a prezzi accessibili in ogni sua incarnazione: se avete tempo da buttare nel sacro altare della demenza virtuale, The Typing of the Dead fa per voi, garantito. Al prossimo WWL?

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