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27 agosto 2012, 18:28
What We Lost ? | Cubivore: Survival of the Fittest
What We Lost ? | Cubivore: Survival of the Fittest mobile

What We Lost ? | Cubivore: Survival of the Fittest

Minecraft è stato una rivelazione degli ultimi tempi, e ad oggi conta una bacino d’utenza impressionante se si pensa che il tutto è nato da un progetto indie di modeste dimensioni. Gameplay a parte, una delle sue caratteristiche principali è sicuramente la veste grafica, un mondo tridimensionale costituito essenzialmente da figure geometriche, per la maggior parte cubi e parallelepipedi, che danno al gioco un tocco molto particolare, quasi retrò. Riflettendo quindi proprio su questo elemento, la gallina dalle uova d’oro di Notch ha aperto i cancelli a una nuova concezione stilistica nel mondo videoludico? Forse, ma è bene che sappiate che non è stato il primo ad avere l’idea, bensì Nintendo, ben 10 anni fa, con Cubivore: Survival of the Fittest, uno dei primi progetti dei ragazzi di Intelligent Systems (su base della Saru Brunei) per GameCube, mai arrivato in Europa. E’ un titolo bizzarro, controverso tanto quanto la sua storia, ma di sicuro molto interessante. A voi la teoria dell’evoluzione darwiniana liberamente reinterpretata dalla casa di Kyoto.


LA LEGGE DELLA GIUNGLA (E DEL MERCATO)

Il progetto originale di Cubivore rispondeva al nome di Dobutsu Banchou (o Animal Leader, nomenclatura mantenuta per la versione nipponica), previsto per 64DD, la fallimentare periferica che concedeva maggiore capienza e migliori prestazioni grafiche al caro Nintendo 64. Lo spazio aggiuntivo tuttavia si rivelò non necessario ai fini dello sviluppo, pertanto in un primo momento il gioco venne ridimensionato alla sola cartuccia, ma, visti i tempi che correvano, venne deciso di traghettarlo sul neonato GameCube (scelta azzeccata date le ovvie analogie tra la console e le spigolose creature), similmente a Doshin the Giant (quest’ultimo arrivato anche da noi). Dopo mille peripezie, Cubivore vide la luce nel febbraio del 2002, mentre per la versione americana  ci volle il novembre dello stesso anno, grazie alla nomina di Atlus come publisher. Tra recensioni non troppo lusinghiere e scarse vendite a livello internazionale, Nintendo alla fine scelse di non convertire il gioco per il mercato europeo, il quale ignora completamente la sua esistenza (fino ad ora ndr). Passiamo ad analizzare i contenuti del disco da 8mm.

Ci troviamo nel mondo dei Cubivore, creature dalla forma…cubica, per l’appunto. Questi bizzarri esseri, in gran parte aventi fattezze di animali reali (solo disegnati da un bambino di 4 anni), vivono in perfetta armonia tra loro, fino all’arrivo dei mostri incolori, i quali, divorando uno dopo l’altro i Cubivore e impossessandosi della loro energia, hanno impoverito la terra, privandola della sua…forza primordiale? E’ difficile tradurre il termine “Wilderness“, perciò soprassediamo. Ad ogni modo, il giocatore vestirà i panni di un Cubivore appena uscito dall’uovo, che dovrà crescere, evolversi, riprodursi e sconfiggere i mostri incolori, scalando la catena alimentare fino ad eliminare il Killer Cubivore, capo delle bestiacce invasore, così da ripristinare l’antico splendore del suo mondo e diventare il nuovo “re della savana”. Perplessi? Abbiamo appena iniziato.

CUBO GRANDE MANGIA CUBO PICCOLO

A livello di gamplay Cubivore si può catalogare come un action, con una piccola componente ruolistica. Il perno attorno cui ruota l’intera esperienza è la selezione naturale, la sopravvivenza del più forte, e ovviamente sarà compito del giocatore assicurarsi tale ruolo. I combattimenti sono molto semplici, basati su un sistema di lock alla Ocarina of Time e un battle system scheletrico, senza alcun approccio tattico se non la sola forza bruta (non a caso una delle principali critiche rivolte al gioco fu una certa ripetitività di fondo), ma il piatto forte dell’offerta cubica (pardon, ludica) è il processo evolutivo che intraprenderà il nostro spigoloso animaletto. Nei combattimenti tra Cubivore, per avere la meglio sull’avversario, è necessario indebolirlo a suon di testate per poi strappargli a morsi gli arti (GORE! ndr), che andranno a fomentare il vincitore, ma non è sempre possibile attaccar briga con le altre creature. L’ingaggio prevede infatti che i combattenti (spesso numerosi) presentino grossomodo lo stesso numero di “arti”, praticamente dei quadrati gommosi che vanno a formare l’esoscheletro del Cubivore in stile origami, e per incrementare il loro numero esiste un solo metodo: l’accoppiamento, tra i più perversi che io ricordi in un videogioco. Lungo i livelli si trovano sparpagliate delle delle tessere simboleggiate da un cuore (che a detta del nostro alter ego hanno il sapore dell’amore, non che ciò abbia un senso), e una volta ottenutene 100 e completati determinati obiettivi si potrà accedere al “Mating Grounds”, un piccolo harem in cui darsi alla pazza gioia con i poligoni di sesso femminile (in genere di nome ma non di fatto…). Da questa malsana unione salterà fuori un nuovo Cubivore, che rimpiazzerà quello precedente (di cui non sapremo più nulla, ma sono sicuro che se la stia ancora spassando ndr) e presenterà nuovi tratti, come corna o zanne, statistiche maggiori rispetto al genitore, e, come da premessa, un arto supplementare. Il gioco è tutto qui: si assimila qualunque cosa si muova nel nostro campo visivo, si ottiene con la forza la Raw Meat (praticamente degli insoliti simboli che differenziano i Cubivore più forti dagli altri) dai boss, ci si evolve e si ripristina gradualmente l’energia della terra fino allo scontro finale, non si potrebbe avere una storyline più lineare.

Il vero elemento che garantisce varietà e rigiocabilità al titolo è l’immenso numero di “mutazioni” che il proprio Cubivore può ottenere assimilando i suoi simili, non tanto basandosi sulla struttura quanto sui colori, 6 per la precisione, verde, giallo, blu, rosso, magenta e grigio, ognuno con peculiari statistiche e determinanti l’estetica del “portatore”, a loro volta suddivisi in 5 sotto-categorie che ne stabiliscono l’intensità, ovvero Pale, PaleDark, Dark, Clash e Rage (maggiore l’intensità, migliori i parametri). Quando divoreremo uno o più arti ne acquisiremo la tonalità, indicata da alcuni slot (pari al numero dei propri arti) posti sotto la barra salute. Per mutare sarà necessario ottenere specifiche combinazioni cromatiche, la quale si attiverà in automatico una volta raggiunti i requisiti richiesti, andandosi ad aggiungere ad un database liberamente esplorabile. Sarà possibile cambiare forma in qualunque momento, e queste influenzeranno attacco, difesa e mobilità, in perfetto stile GDR, per un totale di 150 mutazioni, progredendo gradualmente nella scala evolutiva, fino a conquistare la vetta e avere accesso allo Shangri-La, il luogo sacro in cui i Cubivore possono riposare in eterno.

Il tutto è sorretto da un livello di difficoltà ben bilanciato, peccato lo stesso non si possa dire per il comparto tecnico, praticamente un porting 1:1 da Nintendo 64. Lo stile cubico, che caratterizza ogni elemento sullo schermo, Cubivore, nuvole, sole e luna, cespugli, persino riflessi sull’acqua e confini di demarcazione dei vari ambienti, ha retto lo scorrere del tempo, ma obiettivamente si notano le lacune dovute a una conversione un pò frettolosa. Idem per gli effetti sonori, ma questo basta a penalizzare un titolo, soprattutto se unico nel suo genere? Secondo me no.

Immagine anteprima YouTube

IN CONCLUSIONE

Approcciarsi a Cubivore non è facile. Il gioco è disponibile esclusivamente in formato NTSC (il GameCube purtroppo presenta l’odioso region lock), anche usato costa parecchio, e data la sua natura bizzarra c’è persino il rischio di aver speso un piccolo patrimonio per un titolo incapace di coinvolgere appieno l’utente, oltre a non risultare particolarmente brillante sotto numerosi punti di vista. L’idea alla base di Cubivore è intrigante, ma la realizzazione un pò claudicante, tra gameplay minimale, regia macchinosa e motore grafico invecchiato malissimo, smorza un pò l’entusiasmo per un gioco che meriterebbe davvero un reboot  in alta definizione. Posso solo immaginare quale potenziale killer application Cubivore potrebbe diventare con il supporto alle moderne tecnologie, ma ora come ora posso solo sperare, rimirando questo progetto sfortunato, sballottato da un sistema all’altro e alla fine uscito monco in tutti i sensi, il quale nonostante tutto ha mantenuto un certo fascino.

E questo era l’ennesima perla per GameCube dimenticata dal mondo. Dal vostro ED64 è tutto, al prossimo WWL? 😉

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