What We Lost ? | Initial D Special Stage
Serializzata come manga nel 1995 ad opera di Shuichi Shigeno, Initial D è la più celebre serie a sfondo automobilistico nel Sol Levante. Il primo adattamento animato risale al 1998, e ad oggi il brand conta ben 5 stagioni, oltre 700 capitoli (ancora ongoing), un trascurabile live action e numerosi videogiochi, oltre a godere di una fanbase consolidata in tutto il globo terracqueo nonostante il franchise non abbia messo molto piede al di fuori dalla madrepatria (specie dopo la pessima “americanizzazione” dell’anime). Per il WWL? odierno vi parlerò di Initial D Special Stage, esclusiva PS2 che riprende fedelmente le vicende e le atmosfere della saga e le spalma in un arcade di tutto rispetto (parliamo di Sega dopotutto), veloce e tecnico quanto basta da tener incollato alla sedia qualunque amante del genere. Allacciate le cinture!
ON TO THE NEXT STAGE
Protagonista della storia è il giovane Takumi Fujiwara, liceale come tanti che si guadagna la giornata consegnando in piena notte tofu per conto del padre, tentando di assimilare il suo stile di guida “particolare” sin dalle scuole medie. Dopo aver battuto con estrema facilità l’asso di un team di passaggio nella sua cittadina, Akina, si ritrova invischiato suo malgrado nel giro di “Street Racing“, competizioni amatoriali lungo i pendii delle montagne costeggianti le periferie nipponiche, teatro di epiche battaglie a base di drift ad alta velocità su strade cittadine insidiose e poco illuminate. Da lì a poco corridori da tutte le regioni circostanti si raduneranno per sfidare e ammirare le gesta della sua auto, l’imbattuta Toyota AE86 Panda Trueno, o più semplicemente 8-6, divenuta una sorta di idolo tra gli appassionati di motori anche nel mondo reale. Una formula apprezzabile da chiunque, una trama coinvolgente e piacevole da seguire, il connubio tra il mondo delle corse e una progressione in stile shounen, l’estrema cura riposta dall’autore nella realizzazione dei veicoli e delle loro caratteristiche su strada, e una tracklist eurobeat inebriante sono i tratti salienti di quest’acclamatissima saga, una pietra miliare che ogni “otaku” che si rispetti dovrebbe supervisionare senza pensarci due volte.
Initial D ha più volte abbracciato il mondo videoludico, approdando su svariate piattaforme, dal Saturn alla PS3, ma la massima espressione del brand è stata raggiunta con il filone Arcade Stage, al momento alla sua settima release, che unisce una realizzazione tecnica impeccabile a un feeling con il volante molto piacevole, un po’ come con i “vecchi” Sega Rally, nonostante la confusione derivante dal cambio posizionato a sinistra dell’abitacolo. Trattandosi di cabinati inoltre c’è la remota possibilità di trovarne un reduce in una delle (poche) sale giochi ancora in circolazione, a differenza delle versioni home console rimaste confinate in Giappone; l’unica eccezione è Mountain Vengeance, per PC, guarda caso di dubbia qualità. Lo Special Stage qui proposto è tra i più accessibili da recuperare nel mercato import, nonché tra i più completi, poiché comprende auto, tracciati e brani fino al Fourth Stage, la quarta stagione animata.
RUNNING IN THE ’90!
Il modello di guida di un qualunque titolo dedicato a Initial D si può descrivere con una sola parola: esagerazione. Il trascorrere degli anni ci ha abituato a simulatori di guida che ci vedono al volante di auto in movimento su una superficie cosparsa di burro, ma non c’è Ridge Racer o GRID che tenga, Initial D li batte tutti, senza al contempo risultare mai banale o ripetitivo, quantomeno user-friendly. Come se la carreggiata strettissima e i continui tornanti non fossero abbastanza dovremo infatti tenere a bada l’avversario (si gareggia sempre 1 vs 1), mantenendo una traiettoria pulita e, soprattutto, velocità elevate, curve incluse. Non solo, il gioco è molto severo nei confronti del giocatore, punendolo ogni volta che uscirà di strada o impatterà con il guardrail: la fisica praticamente non esiste, schiantarsi contro un muro è come affondare nella gelatina, il muso della vettura semplicemente scivolerà via come se niente fosse, comportamento analogo agli urti tra corridori, tuttavia la ripresa verrà fortemente penalizzata fino alla prossima svolta, e a quel punto si dovrà fare attenzione a non sbattere di nuovo, un vero inferno nei tratti più tecnici, senza contare che la CPU non sbaglia mai, ergo due errori di fila e la vedremo sparire dal cruscotto per sempre. Questa soluzione tende a creare una tensione e una concentrazione inusuali per un racing game, un senso di oppressione costante, sia che ci si trovi in testa che alle spalle, consci che la minima disattenzione possa condurre alla sconfitta, che lo specchietto retrovisore è bene non guardarlo, ma allo stesso tempo non dimenticarlo, senza andare nel panico nel momento in cui i fari dell’inseguitore illuminano il cofano della nostra auto e mantenendo la calma anche quando guadagniamo metri preziosi, tutti fattori che rendono Initial D un titolo estremamente coinvolgente, ma anche stressante, come se l’incalzante melodia di sottofondo e lo stridere degli pneumatici ci avessero trasportato sulle alture nipponiche, nel bel mezzo di una Battle. Memorabile.
Il metodo universale per affrontare una curva consiste nel mantenere l’acceleratore schiacciato fino al suo imbocco, quindi scalare rapidamente marcia (il manuale è obbligatorio, dannati lamer ndr), e mentre il motore è su di giri dare un violento colpo di freno per far entrare il mezzo in derapata, quindi mantenersi quanto più all’interno possibile regolando sterzo e acceleratore, per poi riprendere il controllo in uscita evitando lo “scodinzolio” del retrotreno…complesso? Questi non sono che i rudimenti. Ogni tracciato, ogni curva, ha una specifica “line” da apprendere, ovvero una determinata traiettoria, con punti specifici in cui frenare e altri in cui far fluire gas, e questo varia in base alla potenza e alla trazione dell’auto. Le location non sono molte, ma memorizzarne ogni settore è ben altra cosa, occorre costanza, impegno e tanta pazienza, inoltre bisogna ricominciare daccapo quando si passa da downhill a uphill o viceversa, compito che si può adempiere tuttavia a cuor leggero grazie al sistema di controllo reattivo e immediato, per quanto inizialmente si deve fare i conti con una sorta di “blocco ideologico”, dovuto alla mancanza di arcade validi negli ultimi anni, sostituiti con surrogati di simulatori, lenti e pesanti, l’esatto opposto della nostra scattante 8-6 lanciata giù per la discesa.
NIGHTS ON FIRE
Initial D Special Stage presenta sostanzialmente tre modalità di gioco: Campionato, Storia e la sempreverde Pratica (o almeno credo siano questi i loro nomi, non me la cavo con gli ideogrammi ndr). Se l’obiettivo della terza è facilmente intuibile, è bene spendere qualche parola in più per le prime due. In Campionato (ma sì, manteniamo questa nomenclatura ndr), dopo aver selezionato un auto, unica per tutta la campagna, si sceglie un circuito e si gareggia contro ogni pilota affiliato fino a conquistarlo. I nostri avversari saranno ovviamente i personaggi della serie, accompagnati dalle loro auto, in una scalata di difficoltà crescente, con una curva di apprendimento piuttosto ripida, che renderà già dal terzo stage alquanto difficile scalzare mostri come FD o Levin, per non parlare dei “boss”, tra cui la FC e la 8-6 di Takumi in persona, match per cui avrei più volte scagliato il pad fuori dall’orbita. Oltre al piacere di sfidare i propri beniamini, come ricompensa dopo ogni vittoria otterremo punti esperienza per potenziare il nostro bolide: non potremo mettere mano direttamente sotto il cofano, bensì si seguirà una “route” prefissata al momento della selezione, in cui potremo optare per una delle possibili “evoluzioni” tramite la finestra di anteprima: salendo di livello si acquisiranno migliorie tecniche e componenti estetici, finché non avremo completato il progetto. Non è la soluzione più veloce del mondo, ma “montare” pezzo dopo pezzo l’auto dei propri sogni regala le sue soddisfazioni. La seconda modalità, Storia, ricalca fedelmente le vicende del manga, ricostruendo gli eventi principali e fornendo specifiche istruzioni per superarli, come distanziare la FD di Ryosuke in un limitato periodo di tempo, non versare l’acqua dall’emblematico bicchiere durante una sessione di uphill, vincere il Gumtape Deathmatch contro l’EG6, e altre chicche che gli appassionati non tarderanno a cogliere.
Graficamente il titolo non strizza di certo l’hardware della console su cui gira, tuttavia i modelli poligonali delle auto sono molto curati, tra Toyota, Nissan, Mazda e altre case nipponiche a farla da padrone, così come le location, il tutto enfatizzato da un senso di velocità eccellente, e senza il minimo calo di frame rate. Ciò che valorizza davvero la presentazione di Special Stage è l’utilizzo di artwork provenienti dall’opera di Shigeno durante le schermate di caricamento e i dialoghi d’intermezzo, resi ancora più godibili dalla presenza dei doppiatori e della colonna sonora originali, per una sinestesia in game senza pari. L’unico elemento che non mi ha colpito sono gli effetti sonori, in particolar modo la resa del rombo dei motori, poco credibili e troppo simili tra loro, ma si può sorvolare.
IN CONCLUSIONE
Initial D Special Stage è l’esempio perfetto di come, con una regia capace e un uso sapiente della licenza di cui si dispone, sia possibile realizzare un ottimo tie-in senza snaturare la formula dell’opera d’origine: questo gioco non è un racing game preso a caso e abbellito con la skin di Initial D, questo gioco E’ Initial D, ogni singolo pixel trasuda dello stile che ha reso famoso questa fantastica serie, anime o manga che sia. Di sicuro uno dei modi migliori per rivivere le emozioni delle drift battle sul proprio schermo, assieme a Extreme Stage, per PS3. Mi rendo conto che una produzione del genere farebbe gola quasi esclusivamente ai fan del brand, ma anche chi è in cerca di un arcade in grado di tenere incollati alla sedia e far cadere qualche santo come ai vecchi tempi dovrebbe dare una chance a Special Stage, i menù sono facilmente comprensibili dopotutto: non sia mai che scopra un nuovo idolo. E con questo è tutto, al prossimo WWL?
