What We Lost ? | Monster Hunter Portable 3rd
Nato originariamente su PS2, il brand di Monster Hunter, da titolo di nicchia, trovò una dimora ospitale nel piccolo LCD di PSP, ottenendo con la trilogia del Freedom un successo mai visto prima sul portatile Sony, riuscendo da solo a giustificare l’acquisto della console, grazie ad un’esperienza profonda e quantificabile in centinaia, se non migliaia, di ore. Solo recentemente Capcom ha deciso di sviluppare per altre piattaforme, puntando sul Wii, dati gli elevati costi di un ipotetico capitolo per PS3 e prendendo atto dell’allora supremazia commerciale dell’ammiraglia Nintendo. L’implementazione della tanto agognata modalità online e l’introduzione di un mondo completamente nuovo, oltre ad un battle system più raffinato, garantì alla terza generazione di mostri, nonostante una mole di contenuti relativamente inferiore all’imponente Freedom Unite, un bacino d’utenza solido e vitale, tanto che tutt’ora i server vengono utilizzati regolarmente da migliaia di giocatori. Dati i feedback estremamente positivi, la software house nipponica ha ben pensato di voltare pagina in favore della casa di Kyoto, realizzando l’espansione Monster Hunter Tri G, annunciato solo di recente per il mercato occidentale sotto il nome di Monster Hunter Ultimate, e iniziando lo sviluppo di Monster Hunter 4, entrambi per 3DS (MHU uscirà anche per Wii U, ma si tratta di una conversione). Un pò subdola come cronistoria, nevvero? Lo sarebbe in effetti, se non fosse che ho volutamente saltato un passaggio.
Torniamo alla prima metà del 2010. Monster Hunter Tri era da poco uscito in Europa, e la notorietà del brand fece registrare sin da subito un buon riscontro a livello di vendite, ma allo stesso tempo suscitò il malcontento di una buona fetta di utenti che non accettarono il passaggio su Wii. Comprensibile, ma Capcom aveva già previsto tutto, e a sorpresa annunciò Monster Hunter Portable 3rd, il capitolo definitivo per PSP, che avrebbe saputo fondere l’astrusa quantità di mostri, missioni ed equipaggiamenti del Freedom, con il battle system, le location e il bestiario del Tri, più diverse aggiunte al già sontuoso gameplay. Una generazione 2.5 per intenderci, innovativa nell’aspetto ma fedele nelle meccaniche. Il gioco uscì in Giappone nell’inverno dello stesso anno, divenendo un best seller nel giro di poche settimane, e i giocatori nostrani iniziarono a lucidare la loro console in vista dell’imminente nuova battuta di caccia. Passarono i mesi, uscirono le immancabili versioni piratate, con tanto di patch per allietare l’attesa, ma da allora da Capcom non si seppe più nulla riguardo un’eventuale conversione per il mercato occidentale. Sono passati due anni da allora, e con grande rammarico direi che ormai non possiamo fare altro che spegnere l’ultimo barlume di speranza e guardare al futuro, anche se sono sicuro che i fan accaniti non si sono fatti abbattere dallo scoglio linguistico (come me dopotutto ndr) e sono già corsi ai ripati. Ma cos’ha impedito a Portable 3rd, ultimo esponente di una saga acclamata in tutto il mondo, da sempre frutto di magnifiche avventure per gli utenti e guadagni da oscar per le software house, di attraversare l’oceano? La risposta è: non ne ho idea. O meglio, non ci sono mai state comunicazioni ufficiali a riguardo, come se la stessa Capcom abbia voluto lasciarsi alle spalle il suo pargolo. Secondo le solite voci di corridoio, la casa nipponica era intenzionata a portare in America ed Europa il titolo, tuttavia Sony avrebbe fermamente richiesto che rimanesse un’esclusiva giapponese. Secondo altre indiscrezioni invece c’è stata una rottura tra i due colossi proprio dopo la pubblicazione del Portable 3rd, interrompendo i conseguenti lavori di traduzione, ma come ovvio sono rumour, pertanto l’effettivo “casus belli” non ci è pervenuto, e probabilmente non ne verremo mai a conoscenza. Fatto sta che alla nostra libreria manca l’ennesimo capolavoro naufragato in lande straniere, ed è nell’interesse del sottoscritto presentarvelo come si deve. A voi Monster Hunter Portable 3rd.
MONSUTA HANTA!
Un nuovo capitolo richiede nuove ambientazioni, difatti in Portable 3rd inizieremo la nostra avventura nel villaggio Yukumo, piccolo borgo di mercanti a ridosso delle montagne, che tra l’altro rappresenteranno il nostro primo territorio di caccia, dove muovere i primi passi come cacciatore. Dialoghi, obiettivi, materiali, equipaggiamento…tutto è scritto in ideogrammi, ma andando a memoria e identificando le varie icone si riesce a orientarsi senza troppa fatica: cosa potrebbero mai richiedere di così astruso delle missioni di livello uno? L’icona di un’erba o di un fungo ci segnala una missione di raccolta, quella di mostro comune una di sterminio, quella di un Wyvern…beh. avete capito. Chi ha macinato ore e ore sul Freedom o sul Tri non potrà non sentirsi a casa, l’unico problema è la gestione di armi ed armature, non tanto la forgiatura o i parametri base (intuitivi come sempre), quanto le skill, pane quotidiano di un veterano, attorno cui ruotano strategie insospettabilmente complesse. Abbiamo i punti abilità, le decorazioni per ulteriori messe a punto, la distinzione tra bonus e malus, ma quali sono i loro benefici una volta attive? Questo è il principale scoglio quando si gioca la versione originale del gioco, a cui si può fortunatamente rimediare utilizzando le numerose traduzioni online. Dover alternare lo sguardo dalla PSP al PC e viceversa non è esattamente il massimo, ma suppongo sia il prezzo da pagare se non si vuole andare in battaglia con Protezione Demoniaca senza neanche esserne a conoscenza.
A livello di gameplay, come già accennato, il gioco si presenta come un ibrido tra la seconda e la terza generazione, da cui gli sviluppatori hanno saputo trarre gli elementi vincenti per sfruttare al massimo le potenzialità della console, non riuscendo tuttavia a convincere in toto. Ci riferiamo in questo caso alle location, le quali, in gran parte provenienti dal Tri, sono state private delle sezioni subacquee, in parte perché non sarebbe stato possibile gestirle, in parte a causa del sistema di telecamera “ad arpione” che avrebbe reso una nuotata da un rivo all’altro una traversata infernale, figuriamoci lottare contro due o più mostri contemporaneamente. Le aree che le prevedevano sono state pertanto eliminate o bonificate; agli occhi di chi ha vissuto con piacere le immersioni del Tri il nuovo look potrà sembrare desolante, ma se non altro non stati effettuati tagli tali da rendere la cacciainsostenibile. Va detto però che i designer avrebbero potuto cogliere l’occasione per darci dentro con la fantasia invece di schiaffare sullo schermo degli spiazzi completamenti vuoti, rendendo palese l’opera di cesura. Chiaramente anche la fauna ha subito sensibili accorgimenti, difatti troviamo mostri eliminati del tutto, come Epioth e Sharq, o rimpiazzati con una loro versione terrestre. I Wyvern in questione sono il Lagiacrus, flag monster del Tri, Gobul e Ceadeus, sostituiti da Jinouga (o Zinogre per noi europei), a sua volta flag monster del Portable 3rd, Hapurubokka e Amatsumagatsuchi, aventi caratteristiche molto simili ai loro archetipi, solo adattate a una vita sulla terraferma. Il resto del cast prevede numerosi ritorni sia dal Freedom che dal Tri, più nuove comparse e sottospecie, per sostanzioso totale di 60 potenziali prede.
Parlando dell’equipaggiamento, finalmente è possibile riutilizzare l’arsenale al completo dopo l’esclusione di doppie lame, corno da caccia e lancia-fucile dal catalogo del Tri, più ovviamente la recentemente introdotta switch axe. Di contro perdiamo gli interessanti kit balestra, che ora tornano alla vecchia distinzione tra leggera e pesante, ma data la mole di parti che avremmo dovuto prendere in considerazione forse è meglio così. Il battle system invece si è adattato al nuovo standard dettato dalla terza generazione, più fluido, reattivo e tecnico, in modo da rendere l’esperienza ancora più immediata, eliminando la macchinosità che minava l’esecuzioni di diversi comandi sul Freedom. Nulla di innovativo insomma, tranne il nuovo sistema di moltiplicatori, meno intuitivo rispetto al passato ma di gran lunga più efficiente nelle fasi avanzate di gioco. Discorso simile per le armature, che presentano le stesse qualità di sempre assieme a normali accorgimenti sulle skill, che sembrano aver assunto un’impronta molto più votata all’offensiva, perdendo tuttavia in versatilità (ergo con un singolo set non si va molto lontano).
Ultima fra novità più evidenti la possibilità di portare in missione ben due Felyne. Le abilità assegnabili e il comportamento in battaglia a seconda del temperamento non si discostano molto dai comprimari visti in passato, mentre a fare un salto di qualità notevole è stata l’IA. Sul Freedom (ma anche sul Tri, sappiamo tutti che Cha-Cha è un’idiota ndr) il gatto di turno non sembrava particolarmente conscio della situazione, divenendo spesso più una palla (di pelo) al piede piuttosto che un valido alleato su cui contare, ma ora i mici da battaglia sembrano divenuti finalmente autonomi: curano il giocatore nei momenti critici, cooperano combinando le loro skill, sanno quando attaccare, quando ritirarsi e quando mettersi a raccogliere oggetti; si possono persino forgiare degli equipaggiamenti appositi per loro o spedirli in missione solitaria dalla fattoria. Certo, sono comunque di Felyne, meglio non fidarsi troppo di loro, ma se vogliono sanno svolgere dignitosamente il loro lavoro (soprattutto relativamente ai loro cugini di Pokke).
CONFLITTO GENERAZIONALE
Ed ecco sviscerato l’intero comparto ludico. Cosa rimane? La longevità probabilmente, sulla quale però non credo sia assolutamente il caso di sprecare parole, perché ogni fan che si rispetti sa che per terminare al 100% un qualunque Monster Hunter occorrono mesi interi di impegno profuso. Il Portable 3rd in particolare però mi ha leggermente deluso per quanto riguarda la modalità in singolo, ovvero le missioni del capo-villaggio. E’ giusto che ogni fetta d’utenza possa abbracciare il gioco indipendentemente dalla propria esperienza, e va da sè che si tratta di quest programmate appositamente per essere giocate per l’appunto in solitaria, ma il livello di difficoltà rispetto ai capitoli precedenti è a dir poco infimo, a tratti frustrante. Si salvano solo una manciata di Wyvern, il resto si butta giù in massimo una decina di minuti senza il minimo sforzo. Persino il Jhen Mohran, titano del deserto, qui nelle vesti di boss finale, si può stendere con due colpi di balista, quando sul Tri ci volevano 4 cacciatori esperti solo per sperare di farcela. La situazione migliora drasticamente con la Gilda, lasciando quasi spiazzati dalla differenza: pare di essere tornati ai bei vecchi tempi in cui i mostri ti piallavano con una codata. Sembra quasi che gli sviluppatori si fossero resi conto all’ultimo secondo di essersi adagiati sugli standard degli ultimi anni, così hanno deciso di vendicarsi rendendo la seconda metà di gioco impossibile (o quasi) per un singolo disgraziato. Il multiplayer online a proposito ancora una volta non è stato implementato, ma abbiamo le solite lobby da 4 giocatori tramite wi-fi locale, compatibili con l’Ad-Hoc Party di PS3, software ideale per i lupi solitari che si ricordano ogni tanto di non essere gli ultimi al mondo.
Dal punto di vista tecnico, il gioco mostra i muscoli della piccola console portatile. Rispetto all’edizione Wii gli effetti di luce sono stati in gran parte rimossi, modelli poligonali e textures sono meno definiti, alcune soluzioni architettoniche sono state abbandonate in favore della leggibilità, ma a parte questo, i compromessi fatti per portare il motore grafico del Tri su PSP sono minimi, soprattutto se usiamo come termine di paragone il Freedom, che nonostante regga ancora bene per i suoi anni non ha voce in capitolo. Il nuove engine assicura inoltre un rilevamento delle collisioni migliori, garantendo l’immunità dai ceffoni invisibili che tanto resero famosi besti come il Plesioth.
IN CONCLUSIONE
Monster Hunter Portable 3rd ha tutto quello che un titolo dovrebbe possedere: un’idea di base intrigante e ben sviluppata, un gameplay profondo e complesso, un battle system completo e appagante, quintali di cose da fare, una veste grafica d’impatto…che altro chiedere di più? Se questa è la prima volta che sentite nominare del brand, forse è il caso che consultiate uno dei suoi predecessori, ma se siete dei fan accaniti non potete lasciarvelo sfuggire, costi quel che costi. Vero, non è facile abituarsi ai kanji, alla mappatura dei tasti (in Giappone X corrisponde a Cerchio e viceversa), allo stile che si pone a cavallo tra i pilastri delle due generazioni di mostri più influenti, ma una volta entrati nei meccanismi, Portable 3rd diventa il “solito” GDR da isolamento su cui passare giorni, settimane, mesi. E se mai vi foste stancati di disarticolarvi l’indice con la croce direzionale, Capcom ha rilasciato, per la collana PSP Remaster, una versione in alta definizione per PS3; insomma non avete scusanti. Per la cronaca, neanche questo porting in HD supporta il multigiocatore via rete, e ovviamente anche in questo caso parliamo di un’esclusiva nipponica (ahimè…). Entrambi i titoli sono reperibili negli store online più comuni o nei siti di import, anche se non a prezzi particolarmente accessibili, ma ne vale sicuramente la pena. Perché sono giochi del genere a rendere una console immortale!
Dal vostro JacopoED64 è tutto, al prossimo appuntamento con la nostra rubrica What We Lost?



