Abyss Odyssey – Recensione
ACE Team, team di sviluppo cileno del tutto indipendente, non è mai solito far le cose in modo “normale”. Fin dal suo esordio nel mondo del Videogioco, con il lancio di Zeno Clash, apparve piuttosto chiaro a tutti di cosa fossero capaci questi straordinari e particolari interpreti, perlomeno dal punto di vista artistico. ACE Team infatti non è mai stato un team sinonimo di perfezione, certamente di impegno e dedizione, ma le evidenti magagne legate al sistema di combattimento nel primo Zeno Clash, aggravatesi (per altri particolari) in Zeno Clash II, hanno tuttavia trovato il giusto equilibrio nel particolare ma meno pretenzioso Rock of Ages, che ha divertito per ore intere tutti noi grazie ad un sistema di gioco molto semplice, non per questo non esaltante, anche per il continuo prendersi in giro che interpreti e personaggi mettevano in risalto. Oggi è il turno di Abyss Odyssey, giunto recentemente in formato digitale su PC, PlayStation 3 e Xbox 360, un ibrido – o miscuglio di generi – che ha catturato la nostra attenzione già da tempo, soprattutto per la direzione artistica di cui fa sfoggio.
Forti delle esperienze passate, il team cileno decide così di mettersi alla prova con un progetto più particolare e complicato del solito, proprio perché Abyss Odyssey è un action-platform-roguelike game, per riassumerlo in breve, un titolo in cui le meccaniche basilari dei platform si uniscono ad altre action, mentre un’accozzaglia di nemici e ostacoli ci sbarrano la strada al successo, all’interno di dungeon via via sempre più difficili, che prima o poi ci porteranno alla morte…
PAZIENZA E SANGUE FREDDOQuando una serie di assestamenti morfologici crearono crepe e strane voragini nel terreno, nessuno si sarebbe mai aspettato che voci e grida a dir poco inquietanti affiorassero dalle profondità. La popolazione, già afflitta e preoccupata dagli eventi naturali scatenatisi, si trovò così costretta a convivere con un’altra grave preoccupazione, diventata ben più di questo dopo le prime spedizioni di uomini inviati negli abissi, e mai più ritornati. Con uno spunto narrativo molto semplice e tutt’altro che articolato, ACE Team ci immerge nelle terre, anzi nelle profondità, che danno corda a tutta l’esperienza di gioco di Abyss Odyssey, con lo scopo di far luce su cosa stia accadendo in quella che viene considerata a tutti gli effetti la tana del diavolo, dove la vita si trasforma in morte e dove c’è spazio e tempo per qualsiasi tipologia di creatura misteriosa o mitologica, obbligata a difendere quei luoghi bui e sinistri. Tanto basta per entrare in azione, tra soldati curiosi e spesso impauriti da quel che si avverte in superficie, e quindi per apprendere le meccaniche, piuttosto immediate, rifacenti a più generi.
È così che l’anima tipica di un platform a due dimensioni affiora e pian piano rivela al giocatore il vero fulcro del gioco, che ruota tutt’attorno al concetto base di “roguelike”, tornati da un po’ di tempo alla ribalta e che si pongono come prerogative alcune peculiarità quali la morte permanente e la casualità nella generazione dei livelli/dungeon. Ed è proprio quel che avviene nel videogioco di ACE Team e Atlus, dove ogni run è diversa dalla precedente, con percorsi e livelli mischiati tra loro, in modo da togliere qualsiasi riferimento a chi approccia il titolo. Se da una parte tutto ciò finisce nel “calderone delle buone intenzioni”, dall’altra Abyss Odyssey va ben presto a scontrarsi con la scarsa validità di questo sistema che viene a galla dopo qualche tornata, in cui si hanno le prove di quanto piccoli e deleteri siano i particolari che differenziano un livello dall’altro, tanto da non riuscire quasi nemmeno a distinguerli se non con un occhio particolarmente attento e allenato. L’enfasi delle fasi di gioco iniziali viene così tramortita da un pesante macigno, a cui si somma la noia nell’affrontare il gioco in solitaria – per questo vi consigliamo di giocarlo con amici – e un sistema di combattimento da principio debole, ma che cresce man mano, seppur non sia esente da difetti. Grazie all’uso dei tre protagonisti presenti (Katrien, Ghost Monk e Pincoya) si prende dimestichezza con le loro specifiche abilità, potenziabili oltretutto, alle quali affiancare l’uso di armi: la crescita dei PG, a seconda dei combattimenti portati a termine, e la possibilità di acquistare item da venditori appostati in superficie fanno il resto. Il combat system si compone di un attacco normale e uno speciale, una presa e della classica parata, oltre che delle schivate, quindi non ci può affatto lamentare, se non fosse per il fatto che non funziona come dovrebbe. L’hitbox lascia a desiderare e ogni mossa, anche quelle che compongono i moveset delle creature presenti nel gioco, assimilabili risucchiando la loro anima tramite l’attacco speciale, non offrono dinamismo e né la spettacolarità; oltretutto, l’IA sembrerà leggervi nel pensiero durante l’esecuzione di una mossa, contrattaccandovi all’istante. Questo potrebbe portare a frustrazione, ma gestendo bene le schivate e le mosse difensive non ci dovrebbero essere grossi problemi in questo senso. Proprio questo è uno degli aspetti negativi più gravi di tutto il gioco: così diventa difficile, se non impossibile, realizzare un buon numero di combo, anche usando abilità e tempismo a frotte si rivelerà impossibile concatenarle come vorremmo, inoltre c’è una rigidezza nei movimenti e negli attacchi che lascia piuttosto basiti, soprattutto negli scontri in cui col protagonista si è costretti ad affrontare più di due nemici per volta. Questo fa sì che agli iniziali tentativi del “giocare intelligentemente” si sostituiscano ben presto quelli, ben più indicati, del button mashing puro, evidenziando al tempo stesso come – nonostante i progressi compiuti all’interno dei livelli – non ci sia appagamento sul fronte dei combattimenti e tanto meno in ambito platform, con una risposta ai comandi mai perfetta e un level design che lascia piuttosto convinti solo in ambito artistico, nonostante lo sviluppatore si sia adoperato nella realizzazione di qualche passaggio più astruso, piazzando trappole à la meglio. Tuttavia, l’elevata rigiocabilità è fortemente sostenuta qualora si approcciasse il titolo in compagnia, seppur sia possibile giungere al termine in due/tre ore circa, ovviamente previa dipartita; gli sviluppatori però hanno pensato di concederci la possibilità di rimediare all’errore commesso riacquistando vitalità, ma perdendo ogni oggetto speciale raccolto negli scrigni disseminati all’interno degli stage. In pratica, una volta morti si prenderà il controllo di uno dei soldati – simili a quelli incontrati in superficie – e se si riuscirà a raggiungere uno degli altari disposti nel livello si otterrà una vita bonus, evitando in tal modo di iniziare daccapo il nostro viaggio nell’abisso.
L’esaltazione di trovarsi dinnanzi ad uno dei titoli ibridi e indie forse più ispirati artisticamente va quindi scemando una volta preso il pad in mano; un sistema di combattimento piuttosto grezzo e tutt’altro che stimolante alle lunghe e l’imprecisione dei controlli si scontrano con la già ribadita ottima direzione dal punto di vista artistico. Parliamo di fanciulle e scheletri, tori indemoniati che caricano come se non ci fosse un domani, quindi figure tipiche del folklore cileno, e c’è tanto dell’Art Noveau nel poco più di un gigabyte di dati da installare; la stessa bontà realizzata la troviamo negli scenari veri e propri, realizzati con enorme cura tanto da sembrare delle vere e proprie opere d’arte che si muovono dietro di noi, come sempre indaffarati nel saltare di piattaforma in piattaforma, affrontando nemici corpulenti, poco interessati a quel che li circonda. Ciò però non deve trarre in inganno, perché se è vero che la bontà tecnica c’è tutta, anche dal punto di vista sonoro, rimangono le perplessità accennate in ambito gameplay; insomma, Abyss Odyssey è un titolo “leggero” dal punto di vista concettuale, ma immenso per valori artistici. Un po’ come accadde per Child of Light, la bontà delle meccaniche di gioco è venuta un po’ a mancare – qui decisamente meno che nel prodotto targato Ubisoft – ma semmai il team cileno volesse riprovarci ancora, per migliorare quanto fatto in questa nuova IP e seguendo un po’ il processo evolutivo ottenuto da Zeno Clash a Zeno Clash II in termini di combat system, noi di Z-Giochi saremmo più che felici di aspettarli al varco per dire la nostra.
Ottima direzione artistica |
7 | Debole sistema di combattimento |
Comparto sonoro di pregio | Sezioni platform con poca verve | |
… Ma in singolo stanca presto | ||
| SFIDANDO L'ABISSO | ||



