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2 ottobre 2013, 8:13
Picchiaduro Free to Play – Speciale
Picchiaduro Free to Play – Speciale mobile

Picchiaduro Free to Play – Speciale

I videogiocatori con qualche anno di più sulle spalle ricorderanno senza dubbio quando i picchiaduro brillavano nella lista delle killer applications dei vari sistemi ed erano anche benchmark delle loro possibilità grafiche. I così detti beat’em up erano un genere di punta, basti pensare al successo di Street Fighter II o Tekken 3, che sono tra i più famosi e venduti, ma anche tra i prodotti meno conosciuti vi erano perle in grado di far sbavare gli appassionati, come Tobal 2 e i suoi modelli poligonali incredibili per una PlayStation, oppure Soul Calibur, seguito di Soul Blade, che al suo debutto su Dreamcast fece tremare il mondo videoludico tanto che a distanza di quasi quattordici anni c’è ancora chi lo ricorda come il miglior picchiaduro 3D mai realizzato. E poi ancora Virtua Fighter, partorito dal genio di Suzuki e capostipite del genere con grafica vettoriale, senza dubbio il più tecnico tra i picchiaduro conosciuti.

Nonostante però tutti questi validi esponenti il genere è stato piano piano messo in sordina, non senza esperimenti poco riusciti come Kakuto Chojin o Tao Feng, entrambi dimostrazione delle incredibili capacità tecniche del primo Xbox ma anche flop commerciali più o meno giustificati. Solo nella seconda metà di quest’ultima generazione Street Fighter IV è riuscito a risvegliare i mazzuolatori sopiti, seguito a ruota dal Reboot di Mortal Kombat, ma forse si è trattato solo di un fuoco di paglia. Il picchiaduro non riesce più a farsi apprezzare come un tempo, vuoi perché è un genere difficile da innovare, vuoi perché i fans storici nemmeno vogliono che si rinnovi, vuoi perché ormai i benchmark si trovano altrove, tra gli FPS o i giochi di avventura, fatto sta che qualcosa dovevano inventarsi per non finire nel dimenticatoio, ed ecco che arriva in loro aiuto la natura Free To Play… Liberi di giocare, liberi di picchiare… ma sarà un vantaggio per gli appassionati del genere? O magari no?

ANCORA UNA VOLTA TU

E’ stato Virtua Fighter il primo esponente del genere ad avventurarsi nella grafica vettoriale, il primo picchiaduro 3D della storia, ed eccolo di nuovo come apripista di una nuova tendenza. Con la revisione del quinto capitolo intitolata Virtua Fighter 5 Final Showdown , Sega, ha utilizzato il Digital Delivery per la distribuzione delle due versioni del suo capolavoro, una economica alla quale manca una modalità di gioco e la possibilità di personalizzare i lottatori, ed una completa a prezzo più alto. Non si tratta di un vero e proprio Free to Play, in quanto richiede in entrambi i casi un esborso monetario, ma il gioco è stato offerto gratuitamente per un tot di tempo con l’abbonamento Playstation Plus rendendolo di fatto appetibile anche ai neofiti del genere e comunque la versione base ha un costo di soli tredici euro, una bella differenza con i prodotti Retail.

Da lì a seguire sono piovuti gli annunci delle software house rivali pronte a trascinare i loro titoli di punta nel mondo della lotta gratuita. Prima Namco, con Tekken Revolution, poi Tecmo con Dead or Alive 5 Ultimate Core Fighters, poi di nuovo Namco con in cantiere Soul Calibur: Lost Swords ed in futuro anche il debutto di Killer Instinct si vedrà spaccato in due tra gli scaffali dei negozi ed Xbox Live, con due distinte versioni, salvo ovviamente smentite o ennesime inversioni di rotta da parte di Microsoft. I picchiaduro di punta sono tutti lì, chi in un modo e chi nell’altro, pronti a farsi giocare da chiunque abbia una connessione ad internet. Purtroppo, se escludiamo Virtua Fighter, per adesso parliamo solo del Playstation Network in quanto le politiche di Live rendono difficile l’uscita di questo tipo di prodotti su Xbox 360 ma in futuro le cose sembrano destinate a cambiare, sopratutto alla luce dell’abbonamento Plus obbligatorio su PlayStation 4.

virtua fighter 5 final showdown

CONCETTI DIVERSI, METODI DIVERSI

Se Sega ha puntato su due versioni del gioco entrambe complete dal punto di vista ludico ma solo una limitata contenutisticamente, Namco e Tecmo hanno adottato approcci differenti. Namco in particolare ha studiato un metodo alternativo basato su gettoni da spendere per partite online o in singolo, alcuni acquistabili tramite psn ed altri accumulabili con le vittorie. Non perdiamo però altro tempo a spiegare dettagliatamente il sistema monetario di Tekken Revolution, potete trovare ogni info a riguardo nella nostra dettagliata recensione, ma non possiamo non citare l’assenza del roster completo.

Qui nasce infatti il primo problema dei Picchiaduro Free to Play, grave o meno a seconda del concept di gioco. Chi ha giocato per anni a Dead or Alive 4 su Xbox Live si sarà accorto che ai livelli alti il più delle volte la scelta del personaggio era randomica, cioè scelto dal caso, questo perché nella serie Tecmo le differenze tra i vari lottatori sono minime nelle meccaniche. Hayate, Jann Lee, Lei Fang, ecc ecc differiscono tutti per tecnica e combo ma non dal punto di vista concettuale dell’esecuzione. Hanno tutti combo molto intuitive e l’intera produzione si basa sulla frenesia e sulle contromosse ormai famose. In DoA, o per lo meno sino al quattro, scegliere un personaggio random dopo che si è spesa molta pratica sul gioco è ben più semplice che in un Tekken, picchiaduro più profondo se affrontato in modo competitivo. Su Virtua Fighter invece è addirittura impensabile la scelta random del lottatore, chi lo gioca da tempo sa bene che padroneggiare al meglio anche solo uno dei fighters presenti richiede mesi e mesi di apprendimento e non è un caso che gli appassionati adottino un main characters ed un sub da alternare.

Tekken Revolution pecca dunque su questo fronte, tagliando fuori molti personaggi importanti del roster deludendo chi negli anni ha speso sudore per imparare ad utilizzarli al meglio. Dead or Alive Core Fighters invece, pur proponendo solo i quattro famosi Ninja come selezione iniziale, permette l’acquisto separato e a discrezione dell’utente di ogni altro beniamino della saga. Resta da vedere come adatteranno Soul Calibur alla sua nuova natura, ma il beat’em up all’arma bianca, escludendo la maestosa perfezione del primo capitolo, non si pone tra i competitivi ma punta più ad un’esperienza spettacolare adatta a tutti e con una forte componente single player, se questo ne agevolerà o aggraverà la trasformazione lo scopriremo solo al suo debutto.

In tutti i casi se parliamo di Free to Play a qualcosa si deve pur rinunciare. Siamo solo all’inizio di questa nuova tendenza e già abbiamo trovato tre soluzione differenti ponderate a seconda del gioco stesso e delle sue peculiarità. Proprio per questo non possiamo parlare di scelta migliore o peggiore, perché è la natura del gioco ad obbligarla e se la software house è onesta vi si adatta. Abbiamo però anche trovato una prima problematica, legata al desiderio di poter utilizzare il nostro alter ego preferito che però potrebbe mancare ingiustificatamente dal riquadro di selezione, alla quale si potrebbe aggiungere la necessità di rendere il brand appetibile a più utenti possibile, così da cavalcare l’onda della sua nuova veste gratuita.

tekken revolution

MI STAI DILUDENDO… VUOI CHE MUORO!?

Protagonista ancora una volta Tekken Revolution ed il suo sistema di punti abilità! I punti abilità in un picchiaduro competitivo non si possono accettare, eppure Namco li ha implementati nella versione libera del suo massimo esponente. Non che Tekken non sia mai stato una saga adatta a tutti, fin dal suo esordio ha mescolato tecnica ed immediatezza, pilastri poi del suo successo commerciale oltre che la fortuna di essersi sviluppato negli anni della moda Playstation, ma per far breccia in un bacino di utenza ancora più ampio ha visto l’introduzione di alcune mosse molto potenti e di facile esecuzione e di un sistema di potenziamento del lottatore su tre diversi parametri che rende gli scontri con chi si trova ai livelli più alti troppo sbilanciati. C’è chi dirà che Tekken è anche sbilanciato da sempre, sopratutto per via del suo roster che contempla personaggi inutili, diversi copia-incolla e alcuni troppo sopra le righe, ma le modifiche apportate appaiono più che eccessive anche perché per un picchiadurista confrontarsi solo con i pari livello, onde evitare incontri impossibili da vincere non per diversa abilità ma perché l’avversario si ritrova con il 30% di energia vitale in più, alla lunga diviene poco stimolante e lascia campo solo ai button mashers e i casual gamers del genere.

Il rischio di un futuro dove il picchiaduro per necessità di sopravvivenza venga privato della sua natura competitiva e semplificato per abbracciare tutte le nuove leve del gaming non è poi così effimero. Perfino Virtua Fighter, da sempre emblema del picchiaduro competitivo, tecnico, elitario e bilanciato al cento per cento, con il Final Showdown ha abbracciato un approccio più offensivo. Variabile di poco conto per fortuna e che non l’ha tramutato nel Tekken 6 di turno ma segnale forse di un cambiamento al quale tutti dovranno adattarsi, speriamo che almeno Sega non decida di sacrificare mai sull’altare delle masse quello che è senza dubbio l’esponente più profondo ed appagante tra tutti.

Per sapere come andrà a finire possiamo solo aspettare con le dita incrociate e nel frattempo goderci in libertà i prodotti usciti, che bene o male si rivelano tutti quanti all’altezza.

dead or alive core fighters

…GRATIS E’ MEGLIO!

Ci sono alcune nubi sul futuro gratuito di questo antico genere ma anche diverse luci. Partiamo dal presupposto che il picchiaduro vive del suo gameplay e della competizione. Chi ha modo di partecipare a tornei, sia in piccolo con amici e più arcade stick, sia in grande con premi in palio, ha di che sfogare le sue doti ma per tutti gli altri l’unica soluzione è il multiplayer, multiplayer che a volte risulta vuoto e poco popolato. L’estenuante attesa della ricerca di un avversario porta all’abbandono del titolo e alla perdita di valore del gioco stesso, ma un Free to Play è scaricabile da chiunque, sia dall’appassionato storico che lo avrebbe acquistato in tutti i casi, sia dal neofita che non ha mai menato schiaffoni virtuali e che vuole provare un’esperienza nuova. Questa natura libera può garantire un multiplayer sempre vivo anche a distanza di tempo e sappiamo bene tutti quanto potrebbe giovare sia al gioco sia all’esperienza dei singoli utenti, che siano essi i veterani nel brand, che sia i neofiti alle prime armi.

In tempo di crisi poi spendere meno, o non spendere affatto, è sempre positivo. Virtua Fighter 5 Final Showdown si propone al pubblico per soli tredici euro mentre Tekken Revolution vincola ai gettoni ma ne regala ciclicamente e su DoA puoi acquistare solo il tuoi personaggi preferiti con una spesa totale ben più bassa rispetto alla versione retail. Meno contenti saranno i negozianti, ma meglio non addentrarsi in questo argomento, decisamente troppo delicato.

killer instinct one

IN CONCLUSIONE

Il Free to Play ha dunque diversi aspetti positivi ma non certo solo nei picchiaduro. Sono molti gli sviluppatori che guardano a questo business con interesse anche per prodotti ben diversi come i giochi di ruolo, tra cui Deep Down in uscita su Playstation 4 o i vari titoli già usciti o in uscita su PC. Ma il picchiaduro probabilmente è quel genere che ne ha guadagnato di più perdendoci meno. C’è già chi urla allo scempio, alla truffa, arrivando a paragonare il F2P alle micro-transazioni o i Dlc tagliati dal gioco, ma la differenza è palese e va da se. Nessuno obbliga nessuno all’acquisto dei personaggi esclusi o ai gadget per personalizzare o ancora ai gettoni bonus, ciò che conta è che il sistema di base si auto alimenti e che si faccia giocare senza esborsi, il contorno deve andare a discrezione dell’utente, libero di decidere quanto e come spendere per arricchire la sua personale esperienza su quel titolo. Forse è presto per gioire e la sfera di cristallo non la possiede nessuno ma possiamo solo analizzare quanto accade oggi e finché la situazione funziona in questo modo non c’è davvero motivo per lamentarsi.

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